Il carretto dei gelati EFE

di Francesca

 

Esiste una melodia familiare a tutti i venezuelani.

Una melodia capace di riportarci immediatamente indietro nel tempo, a quando eravamo bambini o ragazzi, oppure giovani o non più giovani, in una Venezuela felice.

Quel suono annunciava l’arrivo del carretto dei gelati EFE e lo si sentiva a km di distanza.

Ricordo quando, nei torridi pomeriggi margariteñi, mio fratello ed io abbandonavamo all’istante tutto ciò che stavamo facendo per correre in strada con qualche bolivar tra le mani a comprare un paio di gelati chimici e fosforescenti.

Io impazzivo per il gelato all’Uvita, una bibita in lattina che richiamava vagamente il sapore dell’uva fragola.

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Mi piaceva moltissimo perchè, oltre a colorarmi di viola in modo quasi indelebile la lingua, aveva nella punta della confezione di plastica a forma di cono, un’enorme gomma da masticare colorata, che, dopo due masticate, diventava pallida e insapore.

Il carretto che vendeva chicha produceva un suono diverso, così come quello dei gelati sulle spiagge, annunciato da un semplice scampanellio.

Questa melodia ha ormai circa 80 anni. Tutto iniziò nel 1926 quando a Caracas venne aperta la fabbrica dei gelati EFE.
Si racconta che la fondatrice della EFE, la signora Mila Fernández, mentre si trovava in luna di miele in Danimarca, sentì per la prima volta questa musichetta, che le restò impressa per il resto dei suoi giorni.

Si trattava di una ninna nanna che negli anni successivi avrebbe utilizzato varie volte per addormentare i suoi bambini, senza neppure immaginare che sarebbe diventata la melodia che oggi ogni venezuelano associa alla propria infanzia e ai gelati EFE.

Ringrazio di cuore il mio amico Cono perchè, regalandomi il meraviglioso racconto che vi propongo di seguito, mi ha presa per mano, riportandomi indietro nel tempo di almeno 20, 25 anni.

Leggendo le sue parole ed ascoltando (questa melodia), per un istante mi è sembrato di rivedermi bambina sulla strada di casa mia a Jorge Coll, felice con il mio gelato viola in mano, sotto ad un flamboyán in fiore, in compagnia di un ‘yguana e di qualche cane randagio.

Che potere immenso hanno i suoni sulle nostre emozioni!

Spero che ascoltare questa musica e leggere il racconto di Cono possa regalare anche a voi un sorriso.

I Ricordi di Cono
Il carretto dei gelati EFE

Di: Cono Carrano

Lo so, lo so che un’immagine o un profumo, possono evocarci recondite sensazioni che non abbiamo dimenticato, ma che abbiamo solo momentaneamente parcheggiato in quell’angolino, neanche troppo nascosto della nostra memoria.

Quando questa sensazione inaspettatamente riaffiora mi sorprende, mi sorprendo come la prima volta e anche se non sono da solo, mi ritrovo a sorridere, senza motivo per chi dall’esterno casualmente posa il suo sguardo su di me in quel preciso istante, ma continuo a sorridere con sicurezza perché il motivo, anche se non visibile, è emozionalmente tangibile dentro di me.

E sorrido, sorrido ancora senza vergogna, mi cullo nella gioiosa nostalgia di quel ricordo e mi ritrovo nella mia vita precedente.

In quel pomeriggio mi ritrovai ad avere 10 anni, ero con la mia migliore amica in un luogo dove sono stato così felice…

È stato un suono.

Questa volta è stato un suono a riportarmi indietro nel tempo, un suono proveniente dall’esterno, dalla cuore della città.

Dalla porta aperta del negozio dove lavoro, che da sulla piazza principale del centro storico, un artista di strada esegue il suo consueto repertorio, canticchio qualche pezzo di canzone, di quel repertorio che anche io so a memoria oramai, ma, colpo di scena, una nuova canzone si aggiunge in coda alle altre, si sprigionano nell’aria le note di uno xilofono…

Non passa neanche mezzo secondo che la memoria mi presenta il conto.

Quei suoni mi hanno ricordato inequivocabilmente la canzoncina di quel carrettino, quel carrettino dei gelati, el carrito de helados, che passava un pomeriggio sì e uno no davanti a casa di mia zia.

A casa di mia zia portavo con me anche la mia migliore amica, ci andavamo in macchina, con mio cugino, e cantando le canzoni delle audio cassette registrate a casa poco prima, inghiottivamo con gli occhi tutte le strade di Caracas, dall’ovest della città, dalla Parroquia San Juan, la Malibu, una Ford americana, ci portava ad est fino a Los Naranjos, quartiere residenziale dove mia zia abitava.

Case basse e colorate, fiumi di gente, palazzi bassi e colorati, fiumi di gente, palazzi alti e colorati, fiumi di gente, grattacieli, fiumi di gente, murales, fiumi di gente, stradine e autostrade, strade perfettamente asfaltate, buche colossali, profumo di carne, profumo di cannella, profumo di chicha, perrocalientes, cachapas e cepillados.

Vie senza fine, strade senza fine e quartieri senza fine attraversavamo mai nel silenzio, i venditori ambulanti facevano zigzag tra le auto ferme al semaforo e passando vicino al nostro finestrino cantavano o a voce alta verseggiano di avere platano fritto, patate fritte e caffè da asporto a prezzi stracciati.

Mia zia aveva una casa molto grande, totalmente bianca, immersa in un verde lussureggiante ed in un lussuoso silenzio.

La vista era mozzafiato e si aveva l’impressione di dominare tutta Caracas.

Noi passavo tutto il tempo fuori, tra le strade chiuse al traffico ad inseguire ogni sorta di insetto e sempre pronti ad avvistare ogni tipo di uccello, se erano guacamayas era bingo!

A seconda del giorno della settimana io sapevo già se il carrito sarebbe passato o no.

In lontananza cominciava già a sentirsi…

La canzoncina diceva così: ‘hay de piña, hay de fresa, de vainilla y de cereza’, una voce alta e roca alternava le pause: ‘helado, heeelaaadooo riiicooo, niños y niñas, helado!’.

‘Señor por favor, un Pastelado y un Chocomalta!’ Dicevamo noi.

‘Hay de piña, hay de fresa, de vainilla y de cereza’… ci ripetevano guardandoci in faccia, ridendo come pazzi e guardando quella città che amavamo alla follia e che sembrava nostra…!》.

Grazie mio caro Cono, grazie per questo regalo e questo nostalgico viaggio nel tempo.
A volte ripensare al passato e a ciò che si è stati, aiuta a ritrovare forza ed energie necessarie per tornare agli antichi splendori.
Ce la faremo, ne sono sicura!
Riavremo indietro il nostro Venezuela.

 

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