Intervista a Lilian Tintori, moglie di Leopoldo López

di Francesca

Grazie come sempre alla mia amica Odilia Quattrini per portare avanti con costanza e dedizione la nostra “battaglia” pro-Venezuela, in un momento per me molto intenso, in cui non riesco a dedicarmi al tema come vorrei.

Di seguito Odilia ha tradotto per noi un’interessante intervista a Lilian Tintori, moglie di Leopoldo Lopez, il leader politico di Voluntad Popular, che sta scontando con la prigionia ingiustificata il fatto di essere uno degli uomini più carismatici e promettenti della scena politica venezuelana.
Il governo lo teme e lo annulla, facendone quindi un prigioniero politico.

“NON POTRANNO PIEGARE LEOPOLDO CON LA TORTURA PSICOLOGICA”
di Roberto Giusti per El Universal
Tradotto da Odilia Quattrini

Lilian Tintori confessa che uno dei suoi obiettivi, prima di arrivare ai 40 anni, era completare un ‘ironman’, prova di triathlon che consiste nel correre 42 km, nuotarne tre e andare in bicicletta 180.

Ebbene, la settimana scorsa ha sentito di aver comunque raggiunto il suo obiettivo dopo essersi sottoposta a 72 maratoniche ore all’interno del Palazzo di Giustizia, in attesa che il giudice del caso, Adriana Lòpez, esprimesse il suo verdetto su suo marito Leopoldo Lòpez (l’omonimia è assolutamente casuale).

Quella convinzione l’ha pervasa trascorse le quattro del mattino di giovedì, quando ha salutato Leopoldo, che è dovuto tornare nella sua cella, nella prigione di Ramo Verde, secondo quanto deciso dal tribunale (processo in regime di prigionia):
“Quando gli hanno messo le manette ho baciato le sue mani, l’ho abbracciato e gli ho detto: ‘Hanno paura di te, Leopoldo e per questo commettono questa ingiustizia. Forza e Fede’. Poi ho sentito che avevo superato una prova più dura che l’ironman.
La peggiore che mi sia mai toccato vivere. Non per le ore d’attesa o perché ho dovuto dormire su una panchina di cemento, ma per il fatto di aver dovuto tristemente osservare come si esercita il diritto nel mio paese. Quando gli avvocati mi hanno detto che così funzionano le cose, ho sentito una gran tristezza e sdegno. Passare tante ore aspettando per poi, senza prove, nè testimoni, vedere i giudici mandare Leopoldo e altri due ragazzi (Marco Coello e Christian Holdack) ad un vero e proprio macello a farsi fare in pezzi, è qualcosa di tremendo ma ciò nonostante qualcosa per cui, comunque, ringrazio a Dio”.

– Perché?

– “Perché ho vissuto quello che sentono moltissime altri venezuelani che aspettano la giustizia da quella dura panchina. Sono prove a cui ci sottopone la vita e chiedo a Dio che mi dia la forza e ci converta in strumenti di pace per il futuro del Venezuela”

– La prigionia di suo marito lo sta cambiando?

– “Sì, lo ha cambiato. È più riflessivo. Ha avuto molte ore per dedicarsi a se stesso, riflettere, leggere e sta vedendo il suo paese, isolato, dalla sua cella. Il cambiamento ha esaltato le sue virtù. Se era umile, coraggioso, sincero, costante e chiaro nelle sue idee, ora lo è molto di più. Lo vedo più forte e credo che sarà molto difficile piegarlo. Io, che seguo molto da vicino la violazione dei diritti umani, considero che stanno torturando psicologicamente Leopoldo con questa prigionia forzata ed ingiustificata. In tre mesi si prigione gli hanno concesso di ricevere le nostre visite solo nell’arco di due mesi. Ora, per esempio, è sotto regime di punizione”

– Isolamento totale?

– “Totale. Non ha potuto vedere me, nè i suoi figli, nè sua madre. Per me questa è vera e propria tortura psicologica per non parlare degli altri prigionieri di Ramo Verde o di coloro che sono nelle gattabuie del Sebin. Ragazzi e ragazze che non hanno visto il sole o sono confinati nella sede della Polizia di Chacao. Quello è il mio allarme dal primo giorno. Da allora ho visto come hanno elaborato un tranello a Leopoldo, lo hanno incolpato di omicidio e di danni a istituzioni pubbliche, in un contesto di violazione permanente dei diritti umani, la cui gravità comprendo ora in tutta la sua portata. Per questo ho portato la denuncia a tutte le istanze internazionali alle quali ho avuto accesso”

-Non credi che la decisione del giudice, lasciando Leopoldo in cattività, possa invece piegarlo?

-“No. Quando ci siamo salutati lui mi ha detto: “io sapevo che questo sarebbe successo perché in Venezuela non c’è giustizia”. Il giudice è stato chiamato ed obbligato a prendere una decisione che non aveva supporto giuridico. Il Ministero Pubblico non ha presentato nemmeno una sola prova e la difesa, tanto degli studenti come di Leopoldo, è stata convincente e contundente perché sono innocenti. Noi, comunque, avevamo la speranza che lasciassero liberi gli studenti perché loro sono caduti nella manovra creata ad arte per incolpare Leopoldo come autore intellettuale di una presunta destabilizzazione, quando lui rappresenta tutto il contrario. Ribelle sì e mosso dai suoi principi anche, ma sempre per la via pacifica”

– Se voi percepite che non c’è giustizia e qualificate come dittatura quella che c’è al governo, perché allora Leopoldo si è costituito? Non è stato un errore?

– “Per niente. È stato un atto di coraggio e di eroismo. Quando stava per costituirsi gliel’ho detto: ” Ti terranno in carcere per anni, in Venezuela non c’è giustizia, loro ti vogliono eliminare politicamente, lo stanno tentando da quando ti hanno inabilitato (per optare a posti pubblici)” Lui mi ha risposto: ” Se non faccio questo, Lilian, tutto continuerà uguale. Da me dipende mettere la faccia per milioni di venezuelani che vivono nell’ingiustizia e nelle infinite code per ottenere alimenti. Ma anche per coloro che muoiono sulle porte di un ospedale o per l’insicurezza”. Leopoldo da oltre cinque anni stava percorrendo un paese in piena distruzione e a gennaio, quando ha intrapreso il progetto ‘La Salida Constitucional’ (l’uscita costituzionale), sapeva che non poteva continuare ad aspettare. La risposta è stata massiva, la gente scontenta, aveva molto da dire. Esce quindi, il mandato di cattura e Leopoldo si costituisce dopo sei giorni di clandestinità. I suoi argomenti ve li ho già detti: “Se non mi costituisco, tutto continuerà a essere uguale”

– E forse non continua a essere uguale?

– “No. Il popolo si è svegliato, sta esprimendo il suo malessere e non vuole che questo continui. La signora che fa la fila di otto ore per comprare alimenti, la continua a fare, ma ora si sente rappresentata perché c’è un uomo, un leader che, per lei, sta privandosi di stare con i suoi figli e sua moglie. Leopoldo sta rappresentando tutti noi dal carcere. E lui lo ha sempre detto: “Il problema di uno, è il problema di tutti”. Il tempo che io come moglie gli concedevo, era dal martedì al sabato, che lui dedicava alle sue attività. La domenica era per stare in famiglia e il lunedì portava Manuela a scuola e trascorreva il resto della giornata con Leopoldo Santiago. Ma il sabato, quando arrivava la sera a casa, molte volte gli scappavano lacrime di sdegno. Esperienze vissute che non arrivano alle scrivanie dei politici”

– Quella esperienza non la vive in carcere.

– “Non può viverla”

– E non si sa quanto tempo rimarrà lì.

– “Non lo sappiamo, ma è un simbolo della resistenza e della libertà. Non sembra vero ma Leopoldo è libero dietro le sbarre. A lui lo imprigionano per il suo discorso, per ciò che pensa e per principi che mantiene dalla sua cella. Lì vi hanno fatto visita i Difensori Civici e la Procura e a tutti ha ricevuto con lo stesso stato d’animo. Si siede con loro, prepara caffè e loro, stupiti per quel trattamento, gli hanno detto che non si aspettavano un Leopoldo che non è il fascista e il terrorista che è stato dipinto, ma bensì un ragazzo affabile, circondato da libri, come loro stessi fanno notare: ” Io pensavo che tu fossi qualcuno che non sei”. Si da così il contatto che non era mai avvenuto, in conversazioni che si protraggono per ore. Questo dimostra che i venezuelani sono stati scherniti da una campagna di falsità contro Leopoldo e l’opposizione”

– Quando ti sei sposata con Leopoldo, immaginavi una situazione come quella che stai vivendo?

– “Leopoldo mi aveva preparata perché sapeva che sarebbero arrivati momenti difficili, anche se non abbiamo mai pensato che saremmo arrivati a tali estremi. Difficili non perché lui è in prigione, ma perché hanno attaccato Voluntad Popular, alcuni dei suoi dirigenti di base permangono agli arresti e altri in clandestinità. IN particolare, il ministro Rodrìguez Torres mi ha attaccata pubblicamente. Dice che sono responsabile degli accampamenti (quelli fatti dagli studenti), quando l’unica logistica nella quale sono concentrata è in quella di casa mia, curando i miei figli e visitando mio marito. Ma nonostante questo, sono impegnata con corpo e anima per e accanto al mio paese. Vado alle manifestazioni pacifiche, partecipo a riunioni in difesa dei diritti umani e non ho tempo per finire dentro ad una tenda da camping come ha detto il ministro. Ora, se ho l’opportunità di appoggiare gli studenti, lo farò mille volte perché sono la nostra voce, il nostro futuro e sono dei coraggiosi che hanno messo la faccia per tutti noi”

– Guardando la fotografia che è stata scattata a Leopoldo, hai detto che lo sguardo gli è cambiato.

– “Leopoldo è una persona in costante movimento, in permanente comunicazione con il mondo, circondato di gente. Ma a quell’uomo, attivo e vitale, lo hanno preso, isolato, gli hanno tolto i cellulari e lo hanno sbattuto in una stanza. Lui è stato in solitudine, sequestrato e allontanato dalla sua maniera di vivere”

– Credi che gli abbia fatto bene l’isolamento?

– “La solitudine porta alla riflessione. In questi tre mesi lui ha percepito più da vicino il senso della sua missione perché tutti abbiamo qualcosa da compiere nella vita. È molto bello avere quel concetto definito, anche se a volte ci sia bisogno di chiarirlo. Leopoldo lo ha sempre avuto chiaro, ma ora lo concepisce con maggior profondità perché sta vivendo in carne propria il paese che abbiamo, l’ingiustizia, il trattamento dei militari e il giorno a giorno della prigione. Tutto questo ha riaffermato le sue convinzioni e la responsabilità che ha assunto come progetto di vita”

– Non è Leopoldo l’unico dirigente politico che sia passato per questa situazione.

– “Sento che è una prova che Dio ha destinato ai venezuelani. Noi siamo mortificati in questo momento dal governo. Ci controllano persino i telefoni, probabilmente questa intervista la stanno registrando e la persecuzione del Sebin è permanente. Agli studenti Cristian e Coello, avvocati del governo hanno offerto di prendersi cura della loro difesa. Loro sono stati molto fermi e decisi nel loro rifiuto”

– Hanno offerto la stessa cosa a Leopoldo?

– “Ovviamente, mentre Leopoldo era in clandestinità, venne Diosdado Cabello a offrirci le condizioni per la sua uscita dal paese. Poi hanno cercato di organizzare un suo affidamento formale alla giustizia, con mezzi di comunicazione controllati e Leopoldo ha detto “Non tratto con dittatori. Non farò niente che vada contro i miei principi”. 

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