#QVCNextLab – Progetto QUID: quando la moda è etica!

di Francesca

Oggi iniziamo bene la giornata con la terza delle 12 interviste che sto pubblicando dopo l’esperienza fatta in Israele, al fianco alle tante giovani imprenditrici che hanno aderito al programma formativo QVC NEXT LAB organizzato da QVC Italia, in collaborazione con The european House Ambrosetti.

Anna Fiscale, veronese classe 1988, ha concretizzato, nell’ormai lontano 2013, quello che allora era solo un sogno oltre che un’ottima pensata: Progetto QUID, una cooperativa sociale nata con l’idea di recuperare gli scarti di grandi aziende per trasformarli in capi firmati, ma soprattutto con la volontà di offrire una seconda possibilità a donne dal passato difficile, offrendo loro la possibilità di riscattarsi e rinascere.

Progetto QUID nel 2014 aveva già 13 dipendenti, mentre oggi ne conta ben 80, tra cui ci sono anche ex detenute, vittime di tratta, immigrati con storie angoscianti alle spalle.

In appena un anno, nel 2014, fatturava già 300.000 euro e vince il Premio Europeo per l’Innovazione Sociale.

Ancora pochi mesi e, nel 2015, a lavorarci erano in 20, con mezzo milione di fatturato.

L’anno scorso in cinquanta per un milione, unici italiani invitati a Hong Kong come speaker al Forum Mondiale dell’impresa sociale.

Ora, come vi dicevo, i dipendenti sono 80, per lo più donne, e a breve toccheranno i 2 milioni di fatturato. Questa è senza ombra di dubbio una storia che appassiona e che riempie di speranza chiunque abbia una buona idea per le mani da far diventare realtà.

Ma dietro a Progetto QUID, come è intuibile, non c’è solo una buona idea. Ci sono anche le indubbie capacità di una donna come Anna, che, avendola conosciuta personalmente posso dirlo, ha anche grandi qualità umane, oltre ad essere una con le idee chiare e un cv di tutto rispetto alle spalle. Laurea magistrale in management delle istituzioni internazionali in Bocconi a Milano, master in Scienze politiche a Parigi, quattro mesi in India a trattare microcredito ed emancipazione femminile, altri quattro ad Haiti a occuparsi di campi profughi e disaster reduction, altri quattro a Bruxelles sulla cooperazione internazionale. Niente male, cosa dite?

Come scrive nell’intervista che le è stata fatta pochi giorni fa sul Corriere della Sera, dopo tanto viaggiare “alla fine ho capito che volevo fare qualcosa per la mia città, e ho ricominciato da Verona”.

Anna ci ha creduto e ha voluto metterci l’anima. Ha trovato soci e stilisti,  ha presentato a destra e sinistra il progetto, ha chiesto scarti alle aziende trovandone anche di molto collaborative, finchè quelli che inizialmente erano solo aiuti sono diventati delle vere e proprie partnership.

Quid ha un laboratorio dove, tra produzione e uffici, lavorano in 60. A cui si somma il personale di cinque negozi diretti (due a Verona, uno a Mestre, uno a Bassano e uno a Cadriano d’Emilia) e un laboratorio nel carcere di Verona in cui una quindicina di detenute stanno seguendo un percorso formativo, sapendo che si concluderà con un’assunzione.

Quando le chiedo di dirmi come sia arrivata a concepire questa idea, mi risponde così:

Anna: sicuramente è stata determinante la voglia di fare la differenza e di creare valore all’interno del nostro territorio, facendo qualcosa di positivo per la città. Il nostro desiderio iniziale era riuscire a trovare strade nuove per poter dare opportunità lavorative a persone svantaggiate: e proprio questo è stato il punto chiave e la motivazione principale che hanno spinto sia me che il mio team ad attivarci per lavorare al servizio di questo scopo.

Quali sono stati i primi passi compiuti per concretizzare quella che, almeno inizialmente, era stata solo un’idea?

Anna: Abbiamo iniziato con il condividere l’idea con alcune persone che, secondo noi, potevano diventare partner ideali per il nostro progetto. Inoltre, abbiamo cominciato a riunire un team caratterizzato da competenze eterogenee, con il quale abbiamo formulato il nostro primo business plan. Nel frattempo, abbiamo studiato approfonditamente il mercato di riferimento, in primis per capire se ci potesse essere spazio per una startup come la nostra, e poi per valutare l’effettiva disponibilità di materia prima necessaria per avviare la nostra startup: essendoci resi conto dell’esistenza di molte rimanenze di tessuti, avevamo infatti pensato di creare capi di abbigliamento a partire dalle queste. Possiamo quindi dire che è stato proprio guardando il nostro territorio di riferimento (molto forte nel settore tessile) e osservando il contesto che ci circondava che siamo partiti a dare sostanza a quella che era un’idea.

 Come siete riusciti a far conoscere Progetto QUID?

Anna: abbiamo iniziato a fare conoscere il nostro progetto contattando testate giornalistiche e televisive locali, e nel frattempo raccontavamo di noi sui nostri social, cercando di creare una community unita dalla passione per la moda etica. Nel tempo, grazie alla vittoria e alla partecipazione a premi europei, la nostra visibilità è diventata internazionale — oggi, possiamo dire con grande soddisfazione che sono i media a contattarci direttamente per saperne di più sul nostro progetto!

Finora avete incontrato delle difficoltà? Se sì quali?

Anna: Tantissime! Innanzitutto, la prima difficoltà è stata riuscire a trovare un team motivato che credesse nel progetto e lo supportasse. Ci siamo poi scontrati con il mercato, tentando di proporre un prodotto di qualità; anche a livello produttivo, non sempre siamo stati in grado di raggiungere i nostri obiettivi — impasse superato grazie a un’ulteriore formazione delle persone che lavorano con noi, convincendole dell’importanza primaria della qualità. Abbiamo ovviamente riscontrato difficoltà anche a livello economico, dovendo inizialmente trovare fondi messi a disposizione da fondazioni, e poi cercando di essere economicamente sostenibili — obiettivo che abbiamo poi raggiunto. Inoltre, un ulteriore scoglio è stata la difficoltà di presentarci come partner credibili nonostante la nostra giovane età, guadagnando e mantenendo la fiducia di chi ha poi voluto credere nel nostro progetto.

 Quali partner potrebbero sostenere il vostro progetto, secondo te?

Anna: Credo che il nostro progetto potrebbe essere sostenuto da partner di ogni tipo, da produttori di tessuto fino a marchi presenti sul mercato che potrebbero decidere di lanciare insieme a noi la propria linea etica (come già sta accadendo per Calzedonia, Canadiens, Diesel); inoltre, potrebbero fare al caso nostro anche partner mediatici, per affrontare una tematica di grande attualità, magari anche in modi non convenzionali.

Di cosa avresti bisogno adesso per compiere il passo successivo?

Anna: Il nostro passo successivo sarà, nel corso dei prossimi anni, quello di cercare di consolidare la nostra presenza nazionale e di provare a diffondere il nostro progetto e le nostre creazioni anche sui mercati internazionali: avremmo dunque bisogno, da un lato, di nuovi spazi ad affitto agevolato per aprire nuovi negozi per il mercato italiano, che per noi è di grande interesse, e dall’altro di un partner credibile a livello internazionale, per il quale lanciare la nostra linea etica.

Che risultati senti di aver ottenuto e hai ottenuto finora?

Anna: Sicuramente, il risultato più lampante è l’inserimento lavorativo di 75 persone che, oggi, hanno un’opportunità di lavoro: la maggior parte di queste proviene da contesti di fragilità (vittime della tratta della prostituzione, persone con invalidità, persone con trascorsi di dipendenze) e faticherebbe a trovare alternative sul mercato del lavoro. Risultati tangibili sono anche la presenza fisica di 5 negozi monomarca e di circa 40 negozi multi-marca che ci distribuiscono, oltre alle crescenti collaborazioni con aziende leader nel settore moda.

Come sei arrivata a conoscere il programma formativo realizzato da QVC Italia, in collaborazione con The european House Ambrosetti?

Anna: ne sono venuta al corrente attraverso la conoscenza del progetto QVC Next a GammaDonna, nel novembre del 2016, e in seguito alla vincita del percorso QVC Next dopo una conferenza organizzata da FTA – Fashion Technology Accellerator di Milano, dove abbiamo avuto l’opportunità di presentare il nostro progetto

Che apporto ha dato alla tua realtà o al tuo spirito imprenditoriale questo percorso?

Anna: indubbiamente mi ha regalato una ventata di freschezza e una maggiore apertura mentale, oltre a un pensiero davvero potente: se si vuole, si può!

Che valore aggiunto pensi ti abbia dato il nostro viaggio in Israele?

Anna: Oltre ad avermi consentito di ampliare il mio sguardo rispetto alla realtà che mi circonda, mi ha consentito di rendermi conto di tutte le possibilità che possono esistere in ogni situazione e delle quali spesso nemmeno ci rendiamo conto. Inoltre, mi ha permesso di ammirare e di essere ispirata dall’illimitato spirito imprenditoriale delle persone che abbiamo conosciuto durante il viaggio, oltre alla preziosa possibilità di entrare a far parte di un network veramente eccezionale.

 Vi vedete proiettati in una realtà italiana o estera?

Anna: principalmente, ci vediamo all’interno di una realtà italiana, in un secondo step estera (a livello europeo) e poi, magari, mondiale — per il momento, ci piace dire che manteniamo un approccio “glocal”, cioè locale ma con lo sguardo rivolto verso il globale!

 Che consiglio daresti a chi oggi vuole creare una start up?

Anna: Consiglierei di partire scegliendo un team motivato, ricordando di studiare il contesto di riferimento e di non arrendersi davanti alle cento porte chiuse che si incontreranno, perché poi ce ne sarà una, più grande, che si aprirà!

Grazie di cuore Anna! Riempi di speranza ed energie positive!

 Progetto QUID: www.progettoquid.it

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Se volete leggere le precedenti interviste, o scoprire qualcosa di più sul nostro viaggio in Israele, cliccate sui link che seguono:

Needo, il primo asilo mobile e on-demand

Acadermic, la linea cosmetica che offre una “seconda vita” ai sottoprodotti agroalimentari

QVC NEXT LAB il nostro viaggio in Israele, dove star-up e innovazione prosperano

 

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