#QVCNextLab – DressYouCan: l’abito da sogno è per tutte!

di Francesca

Siamo arrivati alla settima delle 12 interviste realizzate insieme alle giovani imprenditrici che hanno aderito al programma formativo QVC NEXT LAB organizzato da QVC Italia, in collaborazione con The european House Ambrosetti.

Oggi parleremo di DressYouCan e della bellissima Caterina Maestro, donna favolosa che, contrariamente al resto delle giovanissime imprenditrici incontrate in Israele, e insieme alla sua altrettanto bellissima socia Elena Battaglia, conoscevo già prima di partire per questa bella avventura, prima ancora di conoscere QVC Next Lab.

Caterina e Elena, pur avendo partecipato a questo interessantissimo programma formativo, per motivi personali non sono purtroppo riuscite ad essere dei nostri durante il viaggio a tel Aviv.

Ho saputo della loro adesione al QVC Next Lab solo quando ho ricevuto la prima mail da QVC in cui venivano presentate e descritte le 12 start-up e le loro fondatrici.

Sono molto contenta di averle potute intervistare in questa occasione, perché, in verità, erano anni che desideravo parlarvi di DressYouCan, il solo negozio che propone abiti di grandi marche (ma anche scarpe, borse e accessori) a noleggio.

Un punto di riferimento per noi milanesi, che, stufe di spendere ogni volta un sacco di soldi in occasione di matrimoni, eventi e cocktail e consapevoli di quanto i social possano essere traditori e immortalare la tua mise nei secoli non permettendoti sempre di riciclare gli stessi abiti in più occasioni, siamo solite frequentare questo negozio, che più che una semplice boutique è un vero e proprio salotto, dove lasciarsi trasformare, coccolare, tra un caffè e tante risate, provando abiti da favola che non abbiamo mai osato comprare.

Caterina Maestro, classe 1981, ha fondato DressYouCan nel 2014 e da allora permette a moltissime donne di noleggiare abiti e accessori da sogno, direttamente in store.

Circa un anno fa è saltata a bordo anche Elena Battaglia, socia e amica preziosa di Caterina.

DressYouCan applica al mercato fashion il concetto di sharing economy, aggiungendoci il supporto di un customer care professionale: per ogni donna è finalmente possibile accedere ogni giorno ad un armadio infinito senza preoccupazioni di sorta.

Nell’armadio di ogni donna ci sono più capi di quelli che indossa…

Il concetto base da cui parte l’idea è che “nell’armadio di ogni donna ci sono più capi di quelli che indossa, ma molti meno di quelli che sognerebbe di indossare”.

Il loro obiettivo è quello di un guardaroba accessibile da ogni punto di vista: economico, fisico e ideologico.

Risparmio, fruizione World Wide Web, ma soprattutto, ribaltamento di ruolo tra utente finale e mondo fashion: al centro dell’esperienza non è più il brand, ma il singolo cliente, che passa da target ad attore protagonista.

DressYouCan, infatti, prende a noleggio abiti, li mette a noleggio (dunque monetizzando) e contribuisce al costante incremento del catalogo, definendo di volta in volta il trend della stagione a seconda delle preferenze e della vestibilità degli abiti proposti.

La vita non è sicuramente solo un bel vestito, ma sentirsi belle in un bel vestito è proprio ciò di cui a volte abbiamo bisogno per trovare il coraggio di affrontare la vita con la testa un po’ più alta.

Quando le domando se abbiano ottenuto qualche riconoscimento, mi risponde, con comprensibile orgoglio, di essere premiati per il Premio Piazza Mercanti per la categoria nuova imprenditoria, su proposta di Unione Confcommercio Imprese per l’Italia Milano, Lodi, Monza e Brianza.

Ma la risposta più bella arriva quando le chiedo come sia nato DressYouCan.

Caterina: DressYouCan nasce dalla confutazione di 3 credenze popolari: a Marrakech, è sempre bel tempo; a Marrakech si contratta ovunque; a Marrakech si compra a prezzi stracciati.

Dopo 3 giorni di diluvio universale, all’interno dell’unica boutique super lusso del souk, di fronte a un designer emergente a cui temevo fosse venuto un attacco apoplettico alla parola “sconto”, di fronte alla cifra ingiustificata investita in un giubbotto borchiato dall’irresistibile fascino alla Michael Jackson da cui né io né le mie amiche riuscivamo a togliere gli occhi di dosso, ho avuto per la prima volta in vita un pensiero razionale a seguito di acquisto di impulso: mi ero appena investita il budget acquisti della stagione in un capo che già sapevo avrei usato giusto paio di volte nella vita, ma avevo già anche sottomano le 2 potenziali acquirenti successive nelle mie compagne di viaggio.

Perché a tutte le donne capita spesso di ritrovarsi perfettamente vestite di tutto punto, ma al contempo di invidiare profondamente il look ad effetto dell’amica.
Quale migliore soluzione se non quella di un armadio condiviso, nel quale condividere gioie, follie temporanee e tendenze senza bisogno di investimenti da capogiro o sensi di colpa sempre troppo tardivi?

Credo la condivisione alla base dell’idea iniziale sia stata poi la linea che ha portato allo sviluppo dell’intero progetto: pur essendo partita ufficialmente da sola, ho avuto la grande fortuna per cui il filone conduttore dell’amicizia da cui è nata questa avventura abbia caratterizzato tutte le mie collaborazioni ad oggi, ed in particolare quella con Elena, da un anno a questa parte mia preziosissima socia, con la quale, più che una semplice collaborazione si è creata una vera e propria simbiosi complementare.
Elena, contrariamente a me ordinata e pragmatica, è il personaggio chiave alla base di DressYouCan, colei che trasforma in realtà pratica ciò che fino a un attimo prima è solo un’idea nella mia mente. Più che una spalla un collo senza la quale la mia testa rotolerebbe sempre troppo lontano“.

Caterina

Elena

Quali sono stati i primi passi compiuti per far conoscere la vostra start up?

Caterina e Elena: Ad oggi la nostra diffusione si è basata solo sul test diretto delle utenti e sul passaparola, con un riscontro più che positivo e sulla diffusione a macchia d’olio della nostra iniziativa e sulla percentuale di ritorno delle utenti.

In generale l’apertura su strada a maggio 2016 ci ha permesso di verificare con mano che sharing e moda sono un connubio non solo funzionante, ma sicuramente vincente.
Forti di questa prima verifica sul campo, miriamo ora a trasformarci nella imprescindibile mecca a cui pellegrinare quando un’occasione richiede un dresscode particolare, all’armadio a cui attingere ogni settimana, grazie a pacchetti abbonamento che permettono di accedere al guardaroba di Carrie Bradshow, con lo stesso budget con il quale ci riempiamo l’armadio ogni mese di capi fast fashion destinati a durare al massimo una settimana.

Finora avete incontrato delle difficoltà? Se sì quali?

Caterina: Io ho avuto l’incredibile fortuna di poter contare sulla mia famiglia e in particolare sulla figura imprenditoriale di mio padre e su amici preparati, disponibili e disinteressati (da subito Agnese, Camilla e Diego) che hanno rivisto, filtrato e migliorato tutti i miei passaggi logici (e illogici).

La principale difficoltà che abbiamo incontrato è stata quella di trasformare l’idea di un Armadio Comune in una realtà effettiva fatta dalla compresenza di diversi attori e di complessi processi logistici che ci permettessero di garantire ai nostri utenti efficienza, qualità e costi accessibili.

Tutti i risultati ottenuti sono merito della compresenza e collaborazione di persone molto diverse e della costante consulenza di professionisti esterni che ci hanno insegnato a non fissarci sul nostro punto di vista ma ad accettare il fatto che il DressYouCan di domani sarà molto diverso da quello che ci eravamo immaginati ieri.

Quali partner potrebbero sostenere il vostro progetto?

Caterina e Elena: Il nostro obbiettivo primario è ovviamente quello di coinvolgere un sempre maggior numero di designer, più o meno emergenti, che intendano raggiungere e confrontarsi con fasce di clienti che non possono/vogliono comprare al momento ma che potrebbero farlo in futuro, facendo al contempo tesoro di feedback e analytics e portando alla progressiva affezione degli utenti a un/più nuovi brand grazie all’esperienza diretta. Non va dimenticato infine l’impatto ecologico in quanto i test in fase noleggio permettono a produttori e designer una “vendita su affittato” che assicura il successo del prodotto e la selezione e produzione di capi già approvati e vidimati dal mercato.

Contrariamente a quanto possa sembrare a una prima analisi anche retailers e department store possono trarre un vantaggio dal fenomeno del noleggio in generale.

Gli studi americani, come sempre antesignani in materia, dimostrano infatti come il noleggio dirotti verso di sé tutti quegli acquirenti, try-on seriali, che sono soliti comprare abiti e sistematicamente restituirli dopo pochi giorni con impatto non marginale sull’attività operativa e sui costi dei department stores (logistica, tintoria), ottimizzando così la catena della vendita.
Il noleggio comporta, infine, un’ interessante predilezione e ricerca di “soluzioni pronte all’uso”, che comportano, oltre al noleggio di outfit sempre più completi, anche l’acquisto diretto di complementi accessori personali come biancheria, gadget e accessori vari difficilmente veicolabili dalla vendita tradizionale in modo così verticale.

Di cosa avreste bisogno adesso per compiere il passo successivo?

Caterina e Elena: Dopo un anno abbondante di test diretto in loco del mercato, forti del fatto sharing e pay as you go retail siano una modalità di fruizione a cui il mondo fashion è più che pronto, della scalabilità che solo internet può assicurarci

La parte e-commerce, futuro core business del nostro progetto, vuole essere un po’ la trasposizione virtuale dell’esperienza reale che hanno le nostre utenti potendo accedere a un guardaroba diverso ed eclettico ogni giorno. Sebbene la necessità del contatto fisico con il prodotto sia ancora tangibile, infatti, è altrettanto vero che grazie al nostro servizio di try-on (per cui è possibile provare direttamente a casa fino a 3 abiti e pagare unicamente ciò che si è effettivamente indossato), e al servizio “su misura” garantito dal nostro customer care (per cui l’abito arriva direttamente orlato e modellato in base alle esigenze della cliente), l’esperienza di noleggio su www.dressyoucan.com non si discosta di molto da quella reale nel nostro spazio fisico.
A aiutare le utenti nella scelta le recensioni delle altre utenti e soprattutto le foto di donne vere (spesso e volentieri più mozzafiato delle modelle) con indosso i nostri abiti.

Che risultati senti di aver ottenuto finora?

Caterina e Elena: Le soddisfazioni del nostro lavoro sono davvero tante, ma passano principalmente tutte dalla soddisfazione e dalla “fedeltà” delle nostre clienti. Personalmente i momenti che preferisco sono: il sospiro di sollievo che letteralmente tirano il 70% delle donne in panico ricerca abito dell’ultimo minuto quando si rendono conto con noi troveranno la risposta a tutti i loro problemi, il sorriso negli occhi dell’utente nel momento in cui indossa il capo che già sai che sceglierà alla fine, nonostante ne proverà altri mille e la richiesta della foto da mandare alla mamma/all’amica/al fidanzato per il consiglio di rito.

Ma più di tutto credo valga la pena alzarsi ogni giorno con la voglia di fare meglio per l’espressione gioiosa delle ragazze che passano da noi in post evento, alla riconsegna dell’abito: quando ti mostrano orgogliose la loro foto, o ti raccontano dei complimenti inaspettati che hanno ricevuto, nel tuo piccolo, piccolissimo e superficiale lavoro ti senti parte della realizzazione perfetta della loro serata.

Come siete arrivate a conoscere il programma formativo realizzato da QVC Italia e Ambrosetti?

Caterina: Sono arrivata al programma formativo grazie ad una delle mail informative sulle possibilità per startup e iniziative e bandi ai quali mi sono iscritta. L’indubbio desiderio di entrare a far parte della rosa di fortunate partecipanti al programma ci ha spinto a mandare L’application, grazie anche al supporto del nostro programma di accelerazione di FTA.

Che apporto ha dato alla vostra realtà questo percorso?

Caterina e Elena: L’apporto principale credo sia stata l’energia derivante dal confronto continuo e dalla condivisione delle problematiche con realtà simili alla nostra e l’ispirazione derivante dalla creatività la forza di volontà e l’empatia delle altre imprenditrici coinvolte nel progetto.
Più ancora della guida sicuramente insostituibile delle mentor credo abbia poi dato una svolta al mio approccio al tema di crescita e sviluppo il costante invito da parte dei nostri tutors a sognare in grande e non precludersi nessuna possibilità. Oltre che alla condivisione di persone che hanno iniziato con una start-up hanno poi magari fallito la prima volta ma non hanno mai smesso di reinventarsi e ripartire.

Vi vedete proiettati in una realtà italiana o estera?

Caterina: Voglio fermamente credere ci possa essere un futuro per le nuove realtà e il futuro anche in Italia e il nostro obiettivo è assolutamente quello di conquistare il mercato nazionale onde poi allargarci all’internazionale forti dei plus legati alla qualità, al gusto e alla creatività del Made in Italy.
La nostra clientela è già in parte straniera grazie anche solo a quella che è ormai la realtà cosmopolita milanese per cui non mancano ragazze di differente provenienza che noleggiano da noi approfittando del plus della prova in sede e ci rispediscono i capi affittati direttamente da “casa” all’estero.
Credo un domani la possibilità più interessante legata al nostro business sia proprio quella di far conoscere brand altrimenti ancora troppo piccoli per raggiungere un’utenza internazionale al di fuori del proprio territorio.

Che consiglio dareste a chi oggi vuole creare una start up?

Caterina: Quello di chiedere sempre consigli e aiuti e a non aver paura a condividere la propria idea.

Spesso spaventati dal fatto “altri ci possano copiare” non ci rendiamo conto di quanto non esiste realmente qualcosa di nuovo ma il nuovo possa essere il modo con cui si guarda a un qualche di già esistente e lo si reinventa e in tutto questo saper ascoltare e far tesoro dei feedback di amici conoscenti e passanti è ciò che a volte serve per cambiare del tutto rotta e individuare il focus sul quale concentrarsi. E poi imparare a mordersi la lingua: tutti cercheranno di dirti come fare quello che fai meglio di come lo fai suggerendoti cose che già fai o sosterranno di aver pensato ciò che hai realizzato prima e meglio di te. Sorridere, annuire e mai dimenticarsi di ascoltare perché anche ascoltando quella che può apparire l’ennesimo remake dello stesso copione può venire improvvisamente in mente qualcosa a cui non si era mai pensato prima.
E, soprattutto, riuscire a far fin da subito a parenti amici e amori il fatto che si, devi proprio lavorare anche quando vorrebbero staccassi e pensassi ad altro e che il fatto il tuo pensiero fisso sia 24h su 24 la tua start-up non significa per te improvvisamente non conti più nient’altro nella vita.
Mettete subito un anello al dito all’uomo che arriva ai 6 mesi di storia e che, al sesto mese e un giorno, ha ancora la voglia di chiedervi “come è andata oggi”. E stare ad ascoltare davvero la risposta.

www.dressyoucan.com

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