Qualche settimana fa, in un torrido giorno di inizio luglio, ho scoperto un posto speciale: Abba, nel cuore del Certosa District, uno dei quartieri più interessanti della nuova Milano.
Lì dove un tempo c’erano capannoni e industrie, oggi si respira una creatività concreta, fatta di rigenerazione urbana, studi di design, laboratori d’arte, coworking e ristorazione consapevole.
Abba si inserisce perfettamente in questo contesto, con il suo stile sobrio e raffinato, in uno spazio che un tempo era un pennellificio: oggi è un ristorante intimo, luminoso, essenziale.

Ogni dettaglio è curato con misura: pochi tavoli ben distanziati, ceramiche artigianali, una tavola apparecchiata con eleganza e una cucina integrata nell’ambiente, non solo “a vista”, ma parte integrante del racconto.
Nessuna barriera tra chi prepara e chi gusta: si percepisce l’armonia del gesto, il silenzio operativo, l’intenzione.
La cucina di Fabio Abbattista: autentica, senza fronzoli
Ristorante A firmare la proposta gastronomica è Fabio Abbattista, chef con una formazione solida (tra cui l’Albereta) e un approccio asciutto, vero, in cui la materia prima è protagonista e ogni piatto è pensato per sorprendere senza mai ostentare.

Noi abbiamo iniziato con un raviolo fritto croccante e sfizioso e con una insalata di barattiere e avocado, fresca e delicata.
A seguire, seppie con topinambur, un abbinamento elegante e pieno di sfumature; risotto con pomodoro, sambuco e canocchie, che gioca su contrasti vegetali e marini con una nota floreale originale.
Poi il piatto che più mi ha colpita: il lavarello con lenticchie nere e radice di curcuma, spaziale.
Un equilibrio perfetto tra comfort e ricerca.
Il dessert? Una carezza finale: sorbetto di albicocca, timo e rosmarino, pulito e aromatico, e una sorprendente focaccia dolce allo zafferano e agrumi, omaggio a Milano e alla Puglia.
Un finale poetico e identitario.
Più che un ristorante: un’esperienza da portare con sé
Abba non è solo fine dining.
È una coccola urbana, un’esperienza di relazione e di bellezza pensata per chi ama i luoghi che sanno rallentare.
Nessun eccesso, nessuna forzatura.
Solo cura, verità e accoglienza.
Un ristorante da vivere lentamente, magari con qualcuno con cui condividere qualcosa che va oltre un piatto ben cucinato.
Perché in fondo, alcuni posti non si raccontano: restano nel cuore e si ricordano a lungo!
