Il diabete mellito di tipo 1:
una patologia che ogni anno colpisce circa 20.000 bambini e adolescenti solo in Italia
Si tratta di una patologia autoimmune che porta il pancreas a non secernere più insulina.
Il diabete di tipo 1 è una patologia cronica autoimmune, causata da una risposta immunitaria errata da parte del corpo a un fattore scatenante.
La predisposizione genetica è un fattore di base ma concorrono anche elementi ambientali scatenanti, ad oggi sconosciuti.
Che cos’è il diabete mellito?
Il diabete mellito (così chiamato dagli antichi greci per la presenza di urine dolci), è una malattia caratterizzata dall’eccessiva presenza di zucchero nel sangue.
Il sangue si concentra perché, per via della mancanza di insulina, l’organismo non riesce più ad utilizzarlo.
Mancando l’insulina, il glucosio non può entrare nelle cellule, dove viene convertito in energia di pronto uso, quindi si accumula nel sangue.
A questo punto cosa si può fare? Serve una chiave per permettere al glucosio di raggiungere le cellule!
Quando può insorgere il diabete mellito?
Il diabete mellito può insorgere fin dai primi mesi di vita di un bambino, e tipicamente nell’infanzia e nell’adolescenza, ma anche fino ai 30 anni di età.
La sintomatologia compare in poco tempo e quando viene diagnosticato generalmente le cellule beta sono già state distrutte al 90%, in un processo che, ad oggi, una volta iniziato è irreversibile.
Quando il pancreas non produce più insulina in quantità sufficiente l’organismo non è più in grado di regolare la glicemia, ovvero il livello di glucosio nel sangue, ed iniziano ad apparire alcuni classici sintomi.
Se non riconosciuto e trattato con prontezza ed adeguatezza, il diabete di tipo 1 all’esordio può essere letale anche in pochi giorni.
Infatti la produzione di insulina si riduce, la glicemia aumenta, e può insorgere la chetoacidosi diabetica, complicanza potenzialmente fatale che comporta una risposta compensatoria dell’organismo che, per la produzione di energia, passa ad un metabolismo di tipo lipidico (vengono bruciati gli acidi grassi e, soprattutto, i trigliceridi) con conseguente produzione di corpi chetonici che “intossicano” l’organismo.
Purtroppo ancora oggi molti esordi vengono diagnosticati in presenza di chetoacidosi, esponendo quindi il bambino colpito al rischio di morte o a danni cerebrali permanenti.
A volte si fa un po’ di confusione sul diabete di tipo 1 !
sfatiamo qualche mito:
1) non insorge perché si mangiano troppi dolci;
2) non passa con la crescita del bambino;
3) non si guarisce con l’alimentazione o sospendendo l’insulina: l’insulina è vitale!
4) non impone terrificanti privazioni alimentari: si può mangiare di tutto nell’ambito di un regime alimentare sano ed equilibrato (fondamentale per chiunque);
5) non obbliga a fare vita di assoluto riposo: una persona con diabete di tipo 1, come tutte le altre persone, può e deve praticare sport, fondamentale per stare bene;
6) non è infettivo: non si attacca con una stretta di mano o con un bacio (non confondiamoci con il coronavirus);
Il diabete non è tutto uguale.
Quali sono i diversi tipi di diabete?
Esistono diversi tipi di diabete, ma i più comuni sono:
il diabete di tipo 1 e quello di tipo 2.
Quello che maggiormente colpisce i bambini e gli adolescenti è il diabete di tipo 1.
E’ una patologia di origine autoimmunitaria, in cui vengono distrutte le beta-cellule pancreatiche che producono insulina; pertanto, questa forma di diabete è anche detta insulino-dipendente.
Questo significa che, per sopravvivere, si ha assolutamente bisogno di insulina, quindi diffidate dei ciarlatani in circolazione.
- dal diabete di tipo 1 non si guarisce (ancora);
- Il diabete di tipo 1 non si cura con la sola alimentazione (per quanto uno stile di vita sano aiuti possa aiutare comunque a stare meglio);
- enza insulina si muore.
La sua cura prevede la somministrazione di insulina sotto-cute.
Abbiamo visto che serve una chiave, giusto?
Molto bene, l’insulina può essere paragonata alla chiave che apre la porta della cellula attraverso la quale il glucosio può entrare.
Quali sono le differenze tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2
Le differenze tra diabete tipo 1 (DT1 o DMT1) e diabete di tipo 2 (DT2 o DMT2) sono sostanziali e riguardano molti aspetti.
Purtroppo i diabetici di tipo 1 vengono spesso confusi con quelli di tipo 2, ma il diabete di tipo 1 non dipende da quanto si mangia.
Vediamoli uno ad uno:
L’età di insorgenza
Il diabete di tipo 1 ha un esordio sempre brusco più spesso durante l’infanzia e l’adolescenza (può comunque manifestarsi anche in età adulta in soggetti predisposti).
Il diabete di tipo 2 compare più spesso nel soggetto adulto o anziano, dopo i 35-40 anni, anche se di recente stanno aumentando anche i casi di diabete di tipo 2 in giovani adulti e adolescenti (soprattutto negli USA), in rapporto all’aumento del peso medio di tale fascia d’età, in cui è sempre più frequente la presenza di soggetti obesi.
Il DT2 ha un esordio più lento, anche di anni.
Le cause
Diabete di tipo 1
Le cause del diabete di tipo 1 sono su base immunitaria e non hanno quindi alcun legame con le abitudini alimentari (“mangiare troppi dolci NON fa venire il diabete di tipo 1).
Il diabete di tipo 1, è causato da un’insufficiente o assente produzione di insulina dovuta ad una sofferenza – e distruzione – delle cellule beta delle isole di Langherans del pancreas, le cellule deputate a produrre l’ormone insulina.
Diabete di tipo 2
Nel diabete di tipo 2, la componente genetica svolge un ruolo più importante rispetto al diabete di tipo 1, anche se il DT2 non può essere considerato una malattia ereditaria.
Non sono da trascurare fattori ambientali e individuali come, per esempio, il sovrappeso e l’obesità.
La maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2 (circa l’80%) sono in sovrappeso, con un tipico accumulo di grasso prevalentemente addominale (il cosiddetto grasso viscerale) che è considerato associato anche a un maggior rischio cardiovascolare .
Il problema principale nel diabete di tipo 2 non è la scarsità o la mancanza di insulina (che spesso è addirittura prodotta in elevate quantità), ma un fenomeno chiamato resistenza insulinica.
L’insulino-resistenza è nell’incapacità da parte delle cellule dell’organismo di utilizzare l’insulina.
La resistenza insulinica dipende principalmente dall’eccesso di peso, che causa il rilascio da parte del tessuto adiposo di un surplus di ormoni in grado di inficiare l’azione insulinica.
Per tale ragione, l’obesità viene considerata il principale fattore di rischio per il diabete di tipo 2 e per le stesse ragioni il calo di peso con alimentazione corretta associata ad attività fisica ne è la prima terapia.
In ogni caso un’alimentazione equilibrata e sana e uno stile di vita attivo rappresentano il miglior modo per mantenersi in salute il più a lungo possibile per tutti, diabetici di qualsiasi tipo e non.
I sintomi
Nel diabete di tipo 1 i sintomi sono sempre presenti.
Nel diabete di tipo 2, in sintomi (sete, necessità frequente di urinare, stanchezza, visione sfocata, maggiore frequenza ad infezioni urinarie e/o vaginali) sono di modesta intensità, quando presenti, spesso non lo sono.
Il diabete di tipo 2, infatti, può decorrere anche per anni, in modo asintomatico (senza sintomi).
La terapia
Nel diabete di tipo 1, la terapia con insulina iniettabile è indispensabile sin dall’esordio e dalla diagnosi della malattia. L’insulina è vita, senza di essa, si muore in pochi giorni.
Nel diabete di tipo 2, la terapia è più scalare.
In genere, si parte con modifiche sostanziali allo stile di vita (alimentazione e attività fisica) e se queste non sono sufficienti si associa una terapia con farmaci per bocca (farmaci orali) e/o per via sottocutanea (iniettivi non insulinici).
Che cos’è un’iperglicemia?
In assenza d’insulina il glucosio si accumula nel sangue determinando un’iperglicemia.
Senza insulina, le cellule del nostro organismo non sono più in grado di funzionare adeguatamente, pertanto il bambino con diabete necessita d’insulina somministrata dall’esterno con iniezioni sottocutanee.
Per stare bene servono anche una corretta alimentazione e corretto stile di vita con adeguata attività fisica
Oltre alla somministrazione d’insulina il trattamento del diabete prevede una corretta alimentazione ed un corretto stile di vita con adeguata attività fisica.
I bambini/ gli adolescenti con diabete devono iniettarsi l’insulina almeno 3-4 volte al giorno, prima di ciascun pasto principale e prima di andare a letto (nel caso di Vittoria la mattina appena sveglia, ma questo dipende dai protocolli adottati).
Pungidito e glucometro
Inoltre, i bambini/ragazzi con diabete hanno la necessità di eseguire il controllo dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia), utilizzando una piccola goccia di sangue capillare, 4-7 volte al giorno (oppure, come nel caso di Vittoria, grazie a una tecnologia avanzata come il sensore che abbiamo applicato sul suo braccio).
Il controllo prevede l’utilizzo di un apposito pungidito che permette di ottenere una piccolissima goccia di sangue, generalmente dal polpastrello, da depositare su una striscia reattiva che inserita in un apposito strumento (glucometro), fornisce in pochi secondi il valore di glicemia.
Oggi anche la tecnologia aiuta molto a monitorare la malattia: Vittoria ha sul braccio un sensore con ago che legge a intervalli regolari (ogni 3 minuti) il livello di glicemia e, visto che abbiamo impostato noi una soglia minima e una massima), suona e ci avvisa se la glicemia sale o scende troppo, avvisando anche tempestivamente me e Gigi sui nostri reciproci cellulari.
Grazie a questa avanzatissima tecnologia si sa con anticipo l’andamento della glicemia e quindi è possibile prevedere nell’arco di quanto tempo si andrà in ipo e in tal modo correggerne l’andamento senza dover ogni volta intervenire su un’ipo già in atto (per esempio con un alleato prezioso come il Glucosprint che sta sostituendo le classiche bustine di zucchero).
Questo risulta fondamentale, perché con un’ ipoglicemia grave si può andare in coma in un’ora.
Quali sono i sintomi del diabete mellito di tipo 1
Il diabete di tipo 1 compare quasi sempre all’improvviso, senza quasi rendercene conto.
I sintomi più comuni che solitamente allertano noi genitori sono (in corsivo evidenzio quelli che sono stati i sintomi riscontrabili in Vittoria):
Aumento della frequenza e della quantità di urine (nel nostro caso anche notturne);
Il bambino può riprendere a fare la pipì a letto anche se aveva smesso;
Sete eccessiva (un giorno ha bevuto quasi due litri e mezzo di acqua da sola);
Stanchezza;
nelle bambine può verificarsi un frequente prurito ai genitali;
la grande debolezza;
l’aumento dell’appetito e la contemporanea perdita di peso (aveva perso quasi 5 Kg in meno di 2 settimane);
l’alito che sa di frutta marcia (acetone);
il mal di pancia che può far pensare all’appendicite acuta;
il respiro difficoltoso che può simulare l’asma bronchiale;
la sonnolenza;
la spossatezza estrema;
fino al coma per chetoacidosi.
Tutti questi sintomi sono dovuti all’aumento della glicemia e alla riduzione del pH venoso.
La chetoacidosi diabetica è una condizione in cui il valore di glicemia è elevato, spesso oltre 200 mg/dl e il pH venoso è al di sotto di 7,30 (normalmente è a 7,34).
Se il pH scende al di sotto di 7,10 la chetoacidosi si definisce grave e può condurre a coma e imminente pericolo di vita.
Basta una goccia di sangue dal dito per il controllo della glicemia (il livello di glucosio nel sangue) e con uno stick delle urine per rilevare la glicosuria (cioè la quantità di glucosio nelle urine – normalmente assente), e la chetonuria (cioè la presenza di corpi chetonici nelle urine).
Chetoacidosi diabetica: cos’è
È il cosiddetto “scompenso diabetico” che si presenta spesso all’esordio della malattia.
È un quadro di scompenso metabolico grave, potenzialmente fatale dovuto alla mancanza di insulina. Lo si può prevenire con una diagnosi precoce.
Non tutti i casi di diabete hanno la chetoacidosi all’esordio.
Se ci si accorge in tempo la chetoacidosi non si presenta.
Il ritardo e/o la omissione della diagnosi sono le principali cause della comparsa di chetoacidosi e delle sue conseguenze gravi, tra cui danni neurologici permanenti fino alla morte.
Se i sintomi di diabete vengono riconosciuti presto e la cura iniziata subito, la chetoacidosi non compare e le conseguenze più gravi vengono così evitate.
Secondo un’indagine condotta dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica su oltre 9.000 casi di diabete di tipo 1, la frequenza della chetoacidosi diabetica all’esordio di diabete è oltre il 40%.
Di diabete si può morire
L’indagine ha messo in evidenza 4 decessi e 7 casi con esiti neurologici permanenti dovuti a danni provocati dalla chetoacidosi diabetica all’esordio.
Mi sento male a riportare questo dato, ma questo significa che, solo in Italia ogni anno, al momento della diagnosi di diabete, un bambino muore o subisce danni permanenti (fonte: weloveinsulina, intervista al Dr. Cherubini).
L’alimentazione del bambino diabetico
L’alimentazione del bambino/ragazzo con diabete è la stessa dei suoi coetanei senza diabete.
Dev’essere rapportata all’età e al consumo calorico e rispondere ai principi di una sana alimentazione raffigurati nella cosiddetta “Piramide Nutrizionale”.
I carboidrati (o zuccheri) principali responsabili dell’aumento della glicemia dopo i pasti devono essere assunti in maniera consona ad una sana alimentazione e sulla stima della loro quantità si basa il calcolo della dose di insulina da somministrare prima dei pasti.
Ovviamente nel decidere la dose di insulina preprandiale si terrà conto anche dell’attività fisica praticata e da praticare e della glicemia preprandiale.
Prima di effettuare un pasto il bambino con diabete deve sempre eseguire l’iniezione di una insulina (rapida o ultrarapida) che presenta un picco di azione in grado di bilanciare l’aumento della glicemia che si verifica in proporzione agli zuccheri contenuti negli alimenti.
Le glicemie durante le ore di digiuno vengono invece controllate dalla insulina lenta che presenta un “profilo di azione” piatto e permette di bilanciare gli zuccheri prodotti dal fegato (principale serbatoio di glucosio del nostro organismo).
In tal modo le glicemie possono essere mantenute in un intervallo vicino alla norma sia durante e dopo i pasti, sia durante il digiuno.
L’attività fisica del bambino diabetico
Il bambino/ragazzo con diabete deve praticare attività sportiva come tutti i suoi coetanei. L’attività fisica rende più sensibile l’organismo all’azione dell’insulina per cui quando la si pratica la dose di insulina dev’essere ridotta e/o l’apporto di zuccheri dev’essere aumentato. A scuola per esempio se l’attività fisica è prevista a metà mattinata o nelle ultime ore del mattino, è preferibile far assumere al bambino/ragazzo con diabete il suo spuntino; se, invece, l’ora di educazione fisica è programmata subito dopo un pasto principale (dopo la colazione o il pranzo), la famiglia (o il ragazzo) può se necessario programmare una riduzione della dose di insulina. In genere le famiglie conoscono i giorni di attività fisica programmata e conseguentemente adeguano (con una riduzione) le dosi di insulina o aumentano la quantità di zuccheri assunti.
Durante l’attività fisica, è opportuno avere a disposizione alimenti contenenti zuccheri semplici (zollette di zucchero, bibite zuccherate) per prevenire una possibile ipoglicemia.
Che cos’è l’ipoglicemia
Per ipoglicemia si intende un livello basso di zuccheri nel sangue (glicemia inferiore ai 70 mg/dl).
Si verifica più frequentemente a digiuno, quindi prima dei pasti e può verificarsi quando il bambino:
ha consumato un pasto troppo leggero, se ha saltato lo spuntino, se ha praticato troppa attività fisica, se non ha mangiato abbastanza durante il pasto principale, oppure se ha eseguito una dose eccessiva di insulina in precedenza.
I segnali d’allarme dell’ipoglicemia
Quando i livelli di glicemia si riducono, il nostro organismo invia dei segnali di allarme.
Questi segnali vengono detti adrenergici in quanto legati alla produzione di ormoni che fanno aumentare la glicemia (tra questi l’adrenalina).
In genere in questa fase ci si accorge dell’ipoglicemia e semplicemente si assumono immediatamente zuccheri supplementari (acqua e zucchero, bevande zuccherate) per evitare un ulteriore calo glicemico.
Se questi segnali vengono ignorati si può verificare una perdita di coscienza (dovuta ad una riduzione eccessiva del glucosio disponibile per il cervello).
I sintomi più frequenti dell’ipoglicemia sono:
sudorazione, pallore, irritabilità, nervosismo, fame eccessiva, stanchezza, tremori, cefalea, confusione, difficoltà di concentrazione, difficoltà di coordinazione, riso ingiustificato, cambiamenti dell’umore (rabbia, linguaggio scurrile, pianto, ecc..).
Cosa fare in caso di crisi ipo-glicemica
il bambino/ragazzo sotto il controllo di un adulto va fatto sedere; è necessario somministrare immediatamente degli zuccheri semplici (preferibilmente in forma liquida: acqua e zucchero, bevande zuccherate, succhi di frutta).
Una volta risolti i sintomi di emergenza, per prevenire un nuovo calo di glicemia, il bambino/ragazzo può mangiare alimenti contenenti carboidrati complessi, quali biscotti, pane, fette biscottate, e dopo circa 15 minuti di benessere può riprendere le normali attività.
Il diabete giovanile è una delle patologie a maggior impatto sociale del nostro tempo.
Il tasso di incidenza della malattia è in continuo aumento e sempre più precoce è l’età alla diagnosi.
Le complicanze del diabete mellito
Il diabete mellito, non trattato adeguatamente, predispone alle complicanze che possono seriamente compromettere la funzione di alcuni organi vitali e la complessiva qualità di vita del paziente.
Per fortuna le complicanze si possono prevenire mediante un buon controllo della glicemia, che deve rappresentare l’obiettivo costante di qualsiasi condotta terapeutica.
Con il diabete mellito si può fare una vita normale
Il diabete di tipo 1 non pregiudica la qualità della vita della persona colpita, che può far tutto e anche di più, a patto che:
abbia avuto una diagnosi tempestiva all’esordio,
che possa usufruire di un’assistenza sanitaria adeguata fondata sul supporto di validi e strutturati Centri Diabetologici,
che abbia accesso a tutti i presidi sanitari di cura inclusi quelli più innovativi basati sulle più moderne tecnologie che se dal punto di vista della persona ne migliorano la qualità della vita.
Gestire bene un diabete nel quotidiano significa abbattere fino addirittura ad azzerare le complicanze, vero elemento da temere in primis per la salute della persona colpita ma anche per il bilancio dello Stato, stanti gli ingenti costi sanitari correlati.
Ricevere una diagnosi di diabete di tipo 1
Ricevere una diagnosi di diabete di tipo 1 è molto traumatico perché bisogna cambiare il proprio stile di vita e imparare a convivere con una malattia cronica, che non si cura, non se ne va.
Il processo psicologico di accettazione e il processo del malato sono lunghi e complessi.
C’è sempre una fase di rifiuto della malattia che può essere molto pericolosa e io mi auguro che Vittoria continui come ora a mostrarsi molto collaborativa.
Con il diabete 1 non si può trascurare nulla.
La cura
Ogni paziente diabetico segue il suo protocollo e sceglie la modalità con cui iniettarsi l’insulina. Qualcuno utilizza un microinfusore, qualcun altro le penne, ma è tutto variabile, soprattutto le quantità che cambiano a seconda di quello che si mangia, se si mangia di più per esempio, se si ha la febbre, se si pratica più sport o movimento, ecc.
Attualmente Vittoria assume, tramite penne iniettabili, Lantus al risveglio e Humalog ogni giorno tre volte al giorno.
Il sensore ci sta dando una grande mano e anche il Glucosprint, in sostituzione a caramelle, biscotti e succhi di frutta, si sta rivelando favoloso.
E’ importante conoscere la patologia per evitare di dare ascolto a chi promette cose che non si possono mantenere.
Dal diabete non si guarisce ancora anche se, lo dico con il cuore pieno di speranza e una grandissima fiducia nella scienza, sono convinta che nei prossimi anni assisteremo a tantissimi avanzamenti anche in questo ambito.
Esistono purtroppo personaggi di dubbia morale che promettono guarigioni curandosi con la sola alimentazione.
E’ ovvio che quando ci si interfaccia con una malattia cronica la disperazione porta a cercare qualsiasi strada possibile, pur di poterne uscire.
Ma trovo che anche in questo caso abbia più senso conoscere il “nemico” imparando a conviverci nel migliore dei modi, piuttosto che convincersi di poterlo distruggere.
Speriamoci sì, ma sostenendo la ricerca e avendo fiducia nella scienza.
Combattiamolo conducendo uno stile di vita sano, senza però precluderci nulla.
Informiamo e sensibilizziamo perchè la società dia una mano ai nostri ragazzi e eprchè sempre più persone e più genitori riescano a riconoscerlo in tempo, prima che sia troppo tardi.