Milano, 19 aprile 2020
Diabete mellito di tipo 1 – Giorno 16
(di quarantena, invece, ho perso il conto).
La didattica a distanza ci sta uccidendo.
Per alcuni versi sembrano passati mesi, per altri a tratti ancora devo metabolizzare che sia successo davvero e che sia per sempre.
Da un lato sono sollevata dalla quarantena: seguirla in questo momento, imparando insieme e stando con lei è un grande aiuto.
Dall’altro invece è tutto molto complicato: i medici non rispondono alle mail, le visite si rimandano, gli aiuti mancano del tutto e si è completamente soli.
D’altronde, non mi lamento, là fuori c’è una pandemia mondiale.
Ora che poi la spesa è difficile da fare e i tempi vengono dilatati è ancora più difficile persino cucinare, soprattutto se improvvisamente hai da rispettare orari e ti ritrovi ai fornelli 4 h al giorno e non perché ti piaccia particolarmente cucinare.
Le notti sono insonni.
E non per la tristezza o per un particolare stato emotivo.
Ho imparato sulla mia pelle che per quella c’è sempre stato poco spazio, sia oggi che quando sono nate.
Allora come oggi, infatti, a mancarci è stato il tempo, persino per piangerci addosso.
Di notte non si dorme per continui picchi in su e in giù, comprensibili all’inizio, soprattutto se non si ha la possibilità di comunicare in tempo reale con chi possa aggiustare il tiro.
Il sensore è un aiuto, ma non basta, soprattutto finchè non lo tariamo come si deve e se di notte la glicemia scende sempre troppo e devi correggerla come da protocolli medici.
Quindi è tutto un suonare e un perdere anni di vita.
Vittoria, va detto, è bravissima davvero.
Non si lamenta, non dice nulla, fa dei pipponi mai visti mostrando il sensore sul braccio e poi sul funzionamento del pancreas e sull’insulina a chiunque la chiami.
È fortunata perché tanti suoi amichetti la videochiamano ogni giorno, dispiace solo per loro che attoniti restano ad ascoltarla tenere lezioni sul diabete.
Giulia sta superando il momento no e sta aiutando molto la sorella.
Si sente responsabile e la aiuta molto.
Noi controlliamo ma quello dell’insulina è diventato un momento loro.
Fa ridere perché Vittoria viene a dirmi che è proprio un brutto momento per Giulia e che dovremmo starle vicino.
Ogni tanto scendiamo in cortile silenziosamente perché faccia due passi.
Lei prende la sua borsetta e ci mette dentro acqua, cracker, succo di frutta e “il suo cellulare”, ovvero l’ipod collegato al sensore.
L’altro giorno dopo appena 10 minuti a camminare tra portineria e cortile interno, avevano entrambe male alle gambe per la totale assenza di movimento da inizio marzo ad oggi.
Hanno iniziato entrambe a fare l’ellittica e ginnastica con le cose che ho comprato per fingermi sportiva.
Almeno diamo un senso al mio shopping salutista.
Siamo stati fagocitati.
Le giornate poi sono sempre frenetiche.
Fino a prova contraria dobbiamo lavorare anche noi eppure è tutta una corsa dietro alle call di lavoro, ai pranzi e alle cene da preparare, al frigo da tenere pieno, alla casa da tenere in piedi, ai compiti di entrambe da seguire e far fare tra i vari scleri, alle mille call con la scuola, al poco sonno che è di per sé una privazione immensa per una famiglia abituata a dormire fino a tardi.
Per fortuna ci sono i nonni e si può pur sempre chiamare una tata o qualcuno che ci dia una mano.
Ah no, siamo in quarantena.
A questo aggiungiamoci che sto diventando un’esperta di lavoretti manuali richiesti dalla scuola e topolini fatti con rotoli di cartaigienica e colombe di cartoncino non hanno più segreti per me.
Sale il fastidio con chi ti dice che non cambia molto e che ci si abitua facilmente.
Gira e rigira te lo dice chi lo osserva da fuori, chi ci convive veramente, in prima persona, con un figlio, un genitore, un parente prossimo, invece, prova il tuo stesso mix di emozioni: scoglionamento, stanchezza, fatica, preoccupazione, soprattutto all’inizio.
E non ti mente.
La stanchezza non aiuta e inglobiamo la qualunque.
Manca tutto: mancano gli affetti, mancano gli sguardi, mancano gli abbracci.
Arriverà anche il tempo di metterci in forma, sperando non in quella di un cerchio o di un cubo.
Arriveranno tempi migliori.
Siamo stanchi da fare schifo ma non dimentichiamo mai la cosa più importante, l’unica che conta davvero: siamo stati fortunati e lei è qui, prende peso e non smette mai di sorridere.
Siamo a casa tutti insieme e stiamo bene.
E questo ci basta.
Vi abbraccio fortissimo e non vedo l’ora di poterlo fare davvero, di persona.