Lettera ad un amico

di Francesca

 

Come oramai avrete capito adoro dare voce, qui sul blog, a chiunque abbia il desiderio di esprimere qualcosa.

Amo tutto ciò che è bello e trovo che la sensibilità umana rientri in questa sfera, così che adoro leggere e provare emozioni attraverso la lettura.

Lo dico spesso: chi si somiglia si piglia e il modo con cui Cono guarda il mondo, gli esseri umani e percepisce i sentimenti mi è davvero famigliare.

Quante volte avreste voluto scrivere una lettera per esprimere a qualcuno un amore, un sentimento, un trasporto, o ancora per chiedere “perchè?”, per esprimere il vostro rammarico, il vostro dispiacere e la vostra frustrazione?

Quante volte avete scritto e poi cestinato, riscritto e poi cancellato delle righe importanti rivolgendole a qualcuno?

E quante altre vi siete pentiti di non aver fatto arrivare al destinatario un messaggio o, al contrario, di avergli scritto quando restare in silenzio sarebbe stata la scelta migliore?

Quante volte avete pianificato di scrivere qualcosa a qualcuno al momento secondo voi più “giusto”? Aspettando un giorno in particolare, una ricorrenza, delle festività, la mezzanotte di un compleanno o ancora la mezzora successiva allo scoccare della vigilia di Natale?

E, a prescindere da quello che poi avete poi effettivamente scritto nel corso della vostra vita, quante volte vi è capitato e vi capita nelle vostre giornate di ritrovarvi a pensare a qualcuno in particolare? A chiedervi che fine avrà fatto, se avrà trovato la sua strada, se sarà finalmente felice ed appagato/a, e, perchè no, se ogni tanto gli/le capita di pensare a voi.

Grazie come sempre Cono.

Lettera ad un amico – Agosto 2010
Di Cono Carrano

In una sera di fine agosto, nell’anno predetto a fine del mondo da un’antica civiltà precolombiana, con una temperatura costante di 31 gradi centigradi, alle ore 22.26, mi ritrovo a pensare a te.

In cucina, nel silenzio interrotto solo dal suono della gabbia del ventilatore, che si muove incessante da destra verso sinistra e viceversa, dal tenue e costante fischio del frigorifero, dalla musica assordante ma passeggera di un’auto a tutta velocità dall’altra parte della strada, mi ritrovo a pensare a te.

Seduto su una sedia beige, con le mani appoggiate ad un tavolo bianco, i miei occhi osservano in sequenza, un vaso cilindrico di vetro con fiori secchi viola e lilla, che cambiano colore, all’oscillare della luce proveniente da una lampada dal cappello nero, un bicchiere semi vuoto dalla forma ovoidale di color petrolio trasparente, una lattina di Coca-Cola Zero, un conto di una consegna di cibo a domicilio ed una busta di plastica strizzata sotto ad un piatto porta-frutta-senza-frutta, un portafoglio turchese, un porta monete nero, un estratto conto di una carta di credito, un dvd con su un film mai visto, un telefono cellulare, un cartone quadrato e bianco con i resti di una pizza margherita, un coltello ed una forchetta, la mia mente si ritrova a pensare a te.

La mia mente pensa che è strano, che è così strano che non ci sia una prova tangibile di quello che è stato, di quell’amore che di grande passione e intensità fu.
Non un oggetto, non una lettera, non una foto, nessuna prova materiale e tangibile di quello che è stato. Tutto rotto, distrutto, cancellato dalle mani in gesti di accecante collera. Ed ecco allora che ricordo, parole da te scritte e da mio pugno trascritte, nero su bianco, su un taccuino riposto tra tanti oggetti in un recipiente portaoggetti trasparente, custodito dalla profondità del piano più basso di un mobile chiuso della sala, custodito nelle pieghe più recondite di questo cervello che pensa e di questo cuore che sente. Le parole, le prove ritrovate, le prove materiali e tangibili, le parole d’amore.

Sentite.

Volate.

Ritrovate.

Mai più ricambiate, mai più sentite, mai più trascritte. Con irrazionale maturità e con razionale malinconia, mi ritrovo a pensare a te.

Cono Carrano

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