Quisiera ser guacamaya

di Cono

 

Guacamayas de Caracas

Guacamayas de Caracas

Guacamayas de Caracas

Guacamayas de Caracas

Quisiera ser guacamaya… Por un tiempo pensé en ser colibrí, pero mi deseo de tenerte, de poseerte, sentirme tu dueño ha sido más fuerte, así que deseé ser águila para volar más alto, creyendo que con mis garras y uñas podría tener pleno dominio sobre ti… al final, rogué por ser menos que un rapaz y más que un pajarillo, y la naturaleza, con la ayuda de la mano buena y el corazón noble de un hombre, designaron el ave perfecta para reinar en tus cielos, llenándote de majestuosos colores y animándote del bullicioso ruido de sus llamados.

Quisiera ser esa ave, la que te ha consagrado como indiscutible paraíso sobre la tierra, la que le rinde homenaje a tu exuberancia, la que le ha regalado extraordinario a tu extraordinario, la que ha confirmado tu fama de sucursal del cielo: la guacamaya. Quisiera ser guacamaya, para poder volar libre en tu cielo mi amada, como ningún hombre podría jamás hacerlo.

Quisiera ser guacamaya, para apoderarme con estos ojos de todos tus detalles, de esos que la gente no admira, no observa, ni tan siquiera ve, porque sus pupilas viven ciegas por distracción, por aburrimiento, por necedad… Quisiera ser guacamaya para percibir con mi nariz todos tus olores, todos tus perfumes y …hasta tus malos olores. Quisiera ser guacamaya para picotear en todas tus ventanas, rasguñar en todas tus rejas y tocar a todas tus puertas. Quisiera ser guacamaya para teñir mis ojos de tu amarillo y tu rosado, balancearme entre las ramas de tus araguaneyes, apamates y acacias, perderme en el pálido rosa de tus azaleas, extraviarme en el violeta de tus trinitarias y encontrarme en el rojo de tus amapolas. Me convertiría en un ladrón, robando con mi pico los frutos deliciosos de tus árboles: mangos, mamones, parchitas, nísperos, guayabas, guanábanas, cambures, y seria la pesadilla recurrente de todos los fruteros, lanzándome en picada entre lechosas y patillas…

Quisiera ser guacamaya para desaparecer en tu verde, ese verde que por doquier crece, que en donde sea se levanta, a donde sea llega, y hasta con el cemento puede… Átame, enrédame, aprisioname en tu verde. Caería en sus hojas, rebotaría en sus ramas y volaría hasta sus cimas. Disfrutaría de su humectante perfume, ese que ningún perfumero de París ha logrado atrapar en un envase. Me desaparecería por días; días y noches enteros, y si alguien quisiera saber de mi paradero, tendría que interrogar a El Ávila.

Mi amada, ensordeceme con tu bulla, cegame con tus luces, cánsame hasta el quebranto con tu bochinche. Quisiera ser guacamaya para ilusionarme viendo surgir tus soles, para enamorarme viendo menguar tus lunas, para morirme en tus claros y resucitar en tus oscuros, para caerme desmayado en tus sombras, elevarme en tus matices y vibrar en tus reflejos, para temblar en tus lluvias, refugiarme de tus relámpagos y sacudirme en tus ocasos. Quisiera ser guacamaya, para colarme en ese patio, para aterrizar con mis patas en el marco de esa ventana, para espiar a través de sus cristales aquella cocina, aquella sala, aquella habitación.

Se que vería a mi madre soñar, a mi padre cantar y a mi hermano reír. Y volvería a ver a ese niño adorarte, el mismo que aun te adora y que a distancia sigue viviendo irremediablemente enamorado de ti. Quisiera ser guacamaya… Alguien alguna vez dijo que no se extrañan los lugares, pues es mentira, yo me deshago por tu suelo y me desgarro por tu cielo. Y no se si las aves lloran, pero se que extendería mis alas abandonándome al suelo, acurrucándome en un rincón añoraría aquella vida feliz y lloraría con lágrimas de hombre en un cuerpo de ave. Por horas… Quisiera ser guacamaya, y en tu cielo agitar mis alas todos los días mi amada. Perforar tus nubes, absorber tus rayos, surcar tu blanco, atravesar tu celeste, perderme volando en tu firmamento y viviría deseando que fuera por siempre… Si te estuvieses muriendo mi amada, te pediría que me llevaras contigo, y si no quisieras hacerlo más altas mis plegarias se elevarían, pidiendo al Todopoderoso que me arrastrase contigo; pues de este mundo ya nada quisiera sabiendo que no existirías, no querría ser hombre y tampoco guacamaya, pues muy poco sentido tendría. Nací pronunciando tu nombre, y así quiero irme de esta tierra. Que tu nombre sea la última palabra en dejar mi boca… Mi amada. Mi eternamente amada Caracas. Cono Carrano

Eccovi la versione italiana

Vorrei essere un’ ara

Vorrei essere un’ara… Per un po’ di tempo ho pensato di voler essere un colibrì, ma il mio desiderio di averti, di possederti, di sentirti mia è stato più forte, così che ho desiderato di essere un’aquila, per volare più in alto e voler credere che con gli artigli e con le unghie avrei potuto avere il totale controllo su di te. Alla fine, ho pregato di essere un po’ più di un uccellino e un po’ meno di un rapace; la natura, la mano e il cuore nobile di un uomo, avevano già designato l’uccello perfetto che avrebbe regnato nel tuo cielo, riempiendolo di maestosi colori ed animandolo con i vivaci schiamazzi del suo richiamo. Vorrei essere quell’uccello, l’uccello che ti ha consacrata ad indiscusso paradiso terrestre, che ha reso omaggio alla tua esuberanza, che ha colmato di straordinario il tuo straordinario, e che ha profuso di nuovo nell’aria quell’indescrivibile sensazione, quella consapevolezza di risiedere nello stesso luogo dove abita la bellezza, e che ha riportato alla luce la tua antica e gloriosa fama di ”succursale del cielo”… L’ara, vorrei essere un’ara. Vorrei essere un’ara per poter volare libero nel tuo cielo mia amata, come mai nessun uomo potrà fare. Vorrei essere un’ara per impossessarmi con questi occhi di tutti i tuoi dettagli, quelli che la gente comune non ammira, non osserva, che non riesce neanche a vedere; pupille che vivono cieche, per distrazione, per noia, per stupidità. Vorrei essere un’ara per percepire col mio olfatto tutti i tuoi odori, i tuoi profumi e persino i tuoi cattivi odori. Vorrei essere un’ara per bussare a tutte le tue finestre, graffiare tutte le tue ringhiere e suonare a tutte le tue porte.

Vorrei essere un’ara per tingere i miei occhi di giallo e di rosa, per dondolarmi tra i rami dei tuoi araguaneyes e apamates e cullarmi tra le tue acacie; vorrei perdermi nel rosa pallido delle tue azalee, scomparire nel violetto delle tue buganvillee e ritrovarmi nel rosso dei tuoi papaveri. Per te diventerei un ladro e ruberei con il mio becco tutti i deliziosi frutti dei tuoi alberi: manghi, papaie, frutti della passione, nespole, guaiave, guanabani, banane; sarei l’incubo ricorrente di tutti i venditori di frutta, perché mi lancerei a capofitto e in volata tra i banchi di cocomeri e papaie. Vorrei essere un’ara per svanire nel tuo verde, quel verde che ovunque cresce, che in ogni dove s’inalza e dappertutto arriva, quel verde che vince il cemento.

Legami, annodami, impriogionami nel tuo verde. Cadrei tra le tue foglie, rimbalzerei tra i tuoi rami e volerei fino a raggiungere le più alte cime. E godrei di quel profumo, umido, fresco, quell’odore d’immenso che nessun profumiere di Parigi riuscirà mai a racchiudere in una boccetta. Scomparirei per giorni, giorni e notti intere, e se qualcuno volesse conoscere la mia dimora, dovrebbe interrogare il gigante, dovrebbe interrogare El Avila. Mia amata, assordami col tuo baccano, accecami con le tue luci, stancami fino allo sfinimento con la tua baraonda. Vorrei essere un’ara per sospirare al veder sorgere il sole durante tutte le tue albe, per innamorarmi ad ogni tuo calar di luna, per morire nel tuo chiarore e risuscitare all’imbrunire, sverrei ad ogni ombra delle tue calde giornate, mi eleverei in tutte le tonalità e sfumature del tuo cielo, tremerei bagnata sotto le tue piogge, riparandomi dai fulmini, mi scuoterei al sole dei tuoi tramonti. Vorrei essere un’ara per intrufolarmi in quel patio, per atterrare sul cornicione di quella finestra e spiare attraverso il vetro, quella cucina, quella sala, quella stanza. Vedrei mia madre sognare, mio padre cantare e mio fratello ridere. E vedrei ancora quel bambino adorarti. Lo stesso che ancora ti adora e che nonostante la distanza vive irrimediabilmente innamorato di te.

Non so se gli uccelli piangono, ma so che stenderei le mie ali e mi abbandonerei al suolo, mi rannicchierei in un angolo anelando quella vita felice e piangerei lacrime da uomo nel corpo di un uccello. Per ore… Vorrei essere un’ara. Qualcuno una volta mi disse che non si sente la mancanza dei luoghi, ma non è che una bugia, perché io mi struggo per il tuo suolo e per il tuo cielo, ogni giorno, ogni notte. Vorrei essere un’ara e nel tuo cielo agitare all’infinito le mie ali, vorrei bucare le tue nuvole, assorbire i tuoi raggi, solcare il tuo bianco e attraversare il tuo celeste, nel tuo firmamento vorrei perdermi e volando senza sosta desidererei che fossi per sempre la mia amata.

Vorrei essere un’ara. Se tu stessi morendo mia amata, ti chiederei di portarmi con te, e se tu non volessi farlo, le mie preghiere s’innalzerebbero più alte, chiederei all’Onnipotente di farlo per te; niente e nulla vorrei da questo mondo se tu non esistessi, non vorrei essere uomo, non vorrei essere ara, poco o nulla avrebbe senso. Sono venuto al mondo pronunciando il tuo nome e allo stesso modo voglio andarmene, voglio che il tuo nome sia una delle ultime parole ad abbandonare questa bocca. Mia amata. Mia infinitamente amata Caracas.

Guacamayas de Caracas

Potrebbe interessarti