Cara Amica, ti scrivo

di Francesca

Negli ultimi mesi si sono sposati due dei miei più cari amici. Uno, Stefano, un paio di mesi fa, l’altra, Margherita, proprio ieri.

È sempre un pochino strano, bellissimo e molto emozionante, partecipare al matrimonio o alla nascita di un figlio di qualcuno che, da sempre, fa parte della nostra vita e con cui si è condiviso così tanto.

Ieri a Porto Rafael, sotto un bellissimo sole, con una brezza marina che rendeva l’atmosfera ancora più magica, non sono riuscita a trattenere la commozione quando l’ho vista arrivare bella, raggiante, felice, scendere da una Mehari bianca, insieme a suo padre.

Incantati ad osservarla eravamo in tanti, mentre raggiungeva a piedi la deliziosa chiesetta di Santa Rita.

Ad attenderla John, un uomo meraviglioso. Si potrebbe forse desiderare qualcosa di diverso per un’Amica?

Così, in questi attimi che sono sembrati eterni, per la quantità di pensieri che hanno affollato la mia mente, ho pensato, credo per la prima volta nella mia vita, che le favole esistono. La vita ti toglie e ti da. Ti regala gioia ma anche dolore. Ti manda persone, te ne strappa via altre. E i momenti si alternano, si passa da periodi neri che più neri non si può ad altri in cui la vita sembra essere sempre illuminata a giorno, perfetta!

E di momenti “no”, come tutti noi, lei ne aveva vissuti tanti negli ultimi anni. Così che vederla lì, seduta mano nella mano accanto all’uomo della sua vita, mi ha resa felice.

L’amore è anche questione di fortuna, sono anche convinta che ci sia un tempo per tutto e che a volte l’amore maturo, quello dei 30-40 sia quello consapevole, più sentito, a tratti più vero, uno scegliersi nelle differenze con molta più esperienza alle spalle, rispetto ai 25 anni.

Ferma in quella piazzetta, osservavo i due sposi di schiena, incorniciati da una cascata di bougainvillea rosa, bellissimi.

Guardavo Mag stringergli la mano e improvvisamente, come in un film, la ritrovavo bambina a scuola, lei ed io insieme adolescenti sul terrazzino del nostro liceo, oppure in montagna, ostinate sui tacchi nonostante le enormi lastre di ghiaccio al posto del cemento la notte del Capodanno 1997, in qualche pub di Courmayeur a bere vov o a ballare musica revival, a sporcare gli sci per far finta di avere sciato, o ancora impanicate prima di un’interrogazione a scuola, al Madame Claude ai tempi della discoteca pomeridiana in Piazzetta Giordano. Mi rivedevo a pranzo a casa sua, a piangerci addosso per il mal d’amore con sua madre Luisa che oggi purtroppo non c’è più, abbioccate sul suo divano con sua sorella Marina che ci sgridava perché disturbavamo la sua visione di Beautiful. O ancora a casa dei miei genitori, ancora prima che le loro case diventassero due e lei continuasse a frequentarle entrambe assiduamente. Ci rivedo adolescenti e poi donne, le prime vacanze insieme, i primi amori e le prime delusioni. La patente, la prima macchina di entrambe, i cd di revival e le serate trascorse a girovagare per Milano per fare scuola guida e perderci in chiacchiere. L’ultimo bicchiere. Aeroplano. Ridere fino alle lacrime, piangere fino allo sfinimento. E poi Roma insieme a Luchino, Gardaland, il mare, il lago. In aeroporto o stazione per i vari comitati d’accoglienza con corna da diavolo e parrucche a caschetto fluo dopo aver svaligiato Torriani, o con l’immancabile Martini bianco. In motorino in giro per la nostra città, a Gubbio per Pasqua, in Venezuela, a Londra. A Torino a trovare sua nonna. Nei chiostri assolati dell’Università Statale, le notti in piedi a studiare, gli esami preparati scambiandoci i libri io, lei e Marion una settimana prima dell’orale. La nostra festa di laurea a 3, le uscite a 4, addirittura un flirt condiviso (in momenti di vita diversi e con grande, reciproca, ironia). Confidenze, complicità, come momenti di incomprensioni e chiusura. Discussioni e chiarimenti, come in ogni amicizia. Pizzette appena sfornate abusivissime, nel cuore della notte. Un sacco di birre, tante Coca-Light, qualche supplì e pizza d’asporto, meravigliose cene improvvisate in auto, intente in qualche pedinamento al ragazzo di turno. Sempre insieme, anche al funerale di mio padre, poi a quello di sua madre. Il giorno del mio matrimonio, ieri il suo. Insomma una vita di ricordi.

Oggi io vivo a Milano e lei a Parigi. Inevitabilmente i binari paralleli non sono cosa per tutti. Ognuno di noi ha il suo cammino da percorrere e spesso capita di perdersi, strada facendo. Dopo l’università ci eravamo ripromesse di partire insieme per l’Inghilterra. In verità ce lo eravamo detti tutti e tre: lei, Stefano ed io. Stefano da lì a poco pero avrebbe trovato un lavoro gratificante, io avrei deciso di proseguire gli studi e avrei conosciuto Gigi.

Mentre Mag… beh, lei avrebbe deciso di partire comunque.

Mai scelta fu più azzeccata, anche se tristemente ci siamo un po’ perse. Sono stati per entrambe anni intensi, nel bene e nel male, e crescendo, si sa, ci si concentra un po’ troppo su noi stessi, dimenticandoci che i casini li abbiamo tutti.

Non possiamo essere le stesse che eravamo 20 anni fa, e tra complicazioni date da lavoro, nel mio caso dai figli, dalla stanchezza, il tutto unito ad un po’ di pigrizia ed ai km di distanza, non sempre sono stata in grado, in questi anni, di alimentare come avrei voluto questa e alcune altre amicizie a cui tengo molto.

Ma ieri, quando la guardavo, ho capito che se vuoi bene ad una persona, se quella persona è nel tuo cuore, non la perderai mai del tutto. Più della metà della mia vita è legata a ricordi condivisi con lei.

Questi sono i pensieri che affollano la mia testa da ieri pomeriggio (in verità da qualcosina in più).

Avrei tanto voluto dirle tutto questo, ma non avrei trovato il tempo e il momento giusto per farlo.

Così, come sempre in ritardo, eccomi qui.

Che il meglio del nostro passato, sia il peggio del nostro futuro, gnocca!

Ti voglio bene

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