Cosa vogliono Nicolás Maduro e Diosdado Cabello?

di Odilia

In questa intervista ad Agustín Blanco Muñoz, redatta da El Universal, troverete interessanti spunti di riflessione su quanto si sta verificando in Venezuela.

Agustín Blanco Muñoz è uno storico e un professore dell’Università Centrale del Venezuela, oltre che il direttore della rivista
Intento, coordinatore del Centro di studi di Storia contemporanea e Segretario Esecutivo Nazionale della Cattedra Pío Tamayo.

Sono riuscite le “guarimbarricadas” a destabilizzare il regime e a portarlo ad un punto di non ritorno?

La guarimba ha rubato la scena al Movimento studentesco?
Sono due entità distinte?

Esistono strutture politiche, di partito o piani militari dietro alle azioni degli studenti e alle guarimbas?

È possibile ipotizzare un clima di pace tra parti polarizzate e contrapposte?

Come si può uscirne senza seguire le traiettorie disposte dalla costituzione?

La violenza ha più potenzialità rispetto ai procedimenti democratici-elettorali?

Queste sono solo alcune delle domande emerse durante una sessione della Cattedra Pío Tamayo della Università Centrale del Venezuela qualche giorno fa.

Di seguito riporto una sintesi delle risposte:

1.- Tanto per cominciare bisogna ribadire che in Venezuela è in corso un regime militare che forma parte dell’unità geopolitica Venecuba, con un alto potere economico petrolifero per lo sviluppo dei programmi populisti ed il controllo della maggioranza della popolazione e del quadro istituzionale.
A tal proposito, la Tarjeta de Alimentación imposta recentemente da Maduro, di chiara matrice cubana, si rende fondamentale nel sistema di controllo del singolo e del popolo, stabilito dalla “Revolución”.
Un controllo necessario per garantire il predominio delle strutture burocrariche che si presentano travestite da avanguardie.

2.- come si prospettano le relazioni tra le opposizioni di fronte a questa rivoluzione? Finora si sono accumulate solo sconfitte elettorali. Il 7 dicembre del 2013, in occasione delle elezioni amministrative, il plebiscito ha decretato l’opposizione elettorale dirigente.
I vincitori delle elezioni dei sindaci dei diversi municipi avrebbero ottenuto definitivamente la presidenza. Ma la nuova sconfitta non ha fatto altro che aumentare la spaccatura tra i riformisti elettorali ed i radicali.

3.- Il 23 gennaio 2014 il frammento della MUD (Mesa de la Unidad Democratica) diretto da Leopoldo López, María Corina Machado e Antonio Ledezma, ha proposto “La  Salida” (la via d’uscita) all’attuale situazione: scendere numerosi nelle strade e iniziare una protesta pacifista permanente.

3.- Il 2 febbraio 2014 si conferma questa decisione e si approva una grande marcia per il 12 febbraio. Questo coincide con le convocatorie degli studenti, capitanati dal presidente della FCU-UCV (Federación de Centros Universitarios de la Universidad Central de Venezuela) Juan Requesens.

In questa occasione scendono in strada studenti liberi da militanze di partito, i partiti che avevano convocato la marcia, gente della società civile e il popolo in generale.

Il 30 gennaio Henrique Capriles avverte che non “intraprenderà scorciatoie e percorsi che porterebbero solo a vicoli senza uscita”, prendendo in qualche modo le distanze dal punto di vista di chi ha convocato il popolo in piazza e nelle strade.

4.- Il 12 febbraio si aggiungono al quadro conflittuale una componente importante: i colectivos del 23 di gennaio, che all’inizio sono stati considerati come infiltrati alla marcia studentesca appoggiata dai politici e che poi diventeranno parte pericolosa ma imprescindibile delle guarimbarricadas (guarimbas + barricate).
Per i radicali di Vanguardia Popular (VP), partito politico venezuelano che si autodefinisce di sinistra e rivoluzionario, la lotta nelle strade continuerà fino alle dimissioni di Nicolás Maduro, mentre per la maggior parte degli studenti la lotta aspira solo ad una serie di soluzioni ai diversi problemi vissuti nel paese (inflazione, carestia alimentare, delinquenza, per esempio).

5.- Quasi immediatamente viene a crearsi una specie di tacita convivenza tra le guarimbas e le barricate.
Dopo una marcia di protesta un piccolo gruppo tira su una barricata per bloccare il transito nelle vie cittadine principali con la finalità di creare “un caos generale che porterebbe al collasso definitivo il regime”.
Arrivati a questo punto, però, risulta evidente che il soggettivismo e l’improvvisazione escludono di poter armonizzare una lotta unita organizzata.

6.- Mentre si sviluppano ed incrementano le guarimbarricada il regime capisce che la violenza dell’opposizione può servirgli su un vassoio d’argento i migliori dividendi.
L’opposizione elettorale ufficiale risulta controllata ed il quadro generale di violenza che si produce intorno alle guarimbas permette al governo di accusare di questa violenza l’opposizione radicale.

7.- Così accusare Leopoldo López e María Corina Machado come responsabili degli omicidi risulta molto facile al Governo.
López riescono ad arrestarlo, a María Corina Machado tolgono l’immunità parlamentare, la cacciano dall’Assemblea Nazionale e la sua condanna è purtroppo dietro l’angolo.
Leopoldo López viene poco dopo raggiunto nel carcere di Ramo Verde dai sindaci municipali Enzo Scarano e Daniel Ceballos. Questo vuol dire che dal punto di vista politico il beneficio del regime è palese.

8.- Cosa ha ottenuto l’opposizione in queste settimane di battaglia iniziata lo scorso 12 febbraio? È senz’altro emersa una spaccatura di popolo inconciliabile. Il regime a sua volta mostra un quadro similare, salvo che, sentendosi affrontato, chiude le fila in difesa degli interessi dei boliburgueses.

9.- Non è possibile essere certi che si sia ottenuta un’instabilità a livello governativo. Sicuramente si inizia a percepire un movimento spontaneo, quello formato dalla maggior parte dei venezuelani, che rappresenta la terza forza sociale e politica del paese. Ne fanno parte il popolo, gli studenti, i sindacati e molti lavoratori.

10.- Questa sì potrebbe rivelarsi l’inizio della formazione di una crescente e profonda crepa nei poteri del regime.
E questa crepa va ad aggiugersi all’ implosione che si sta verificando all’interno del partito PSUV, rappresendo il primo e più pericoloso nemico di quella che viene definita “revolución bolivariana”.

11.- Questa implosione si inizia a percepire nelle fila dell’istituzione militare,che è il centro di comando e di potere del regime.
A metà febbraio si era parlato di alcuni colonnelli che a Carabobo stavano cospirando contro il governo, mentre pochi giorni fa, il 25 marzo, Maduro ha pensato bene di denunciare davanti alla Commissione dei Cancellieri di Unasur, la detenzione di tre generali dell’Aviazione che “pretendevano attentare contro il governo con settori dell’opposizione”.
Maduro è ricorso a questo teatrino, a questo fantomatico tentativo di colpo di stato solo per dare peso, rilevanza e credibilità alla tesi del colpo di stato e a far passare per violento chi combatte nel nome di una rivoluzione pacifica.

12.- E se in entrambi i fronti figurano militari e civile armati allora non sarà facile non finire in un confronto violento.
La situazione appare piuttosto complicata. Il regime parla di pace e rivoluzione pacifica continuando a ricorrere alle armi.

13.- Nel paese aumenta giorno dopo giorno il clima di paura e timore, di odio e di voglia di affrontarsi. Il regime non appare ancora destabilizzato ma reprime per mantenere il predominio.
Lo scorso 12 febbraio ha avuto inizio un periodo di guerra e confronto armato che ora come ora è complicato sapere dove porterà.

14.- Nell’immediato il discorso e la messa in atto del potere interno retto dalla coppia Maduro-Cabello, mira alla realizzazione irreversibile della rivoluzione bolivariana socialista del XXI.

15.- E tale irreversibilità può significare un’interminabile continuità di violenza e massacri nella disperazione e nella devastazione generale.
Questo è il prezzo che oggi chi governa il Venezuela è disposto a pagare un progetto socialista storicamente legato alla morte.

16.- I discorsi e le azioni della tragedia in corso (“VeneCuba”) non fanno che evidenziare che solo nella violenza avanza la rivoluzione. Un movimento che si erge sull’appiattimento, l’umiliazione e l’esclusione.

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