Diario di una quarantena: una routine faticosa – 27 aprile 2020

di Francesca

Oggi sto cercando di capire se a turbarmi siano più:

gli impegni scolastici di entrambe le ragazze (a cui sono molto favorevole solo se comportano una diminuzione dei compiti successivi da fare con me) con spesso i pc di entrambi monopolizzati;

A proposito di scuola i mille fogli da stampare ogni mattina con cartucce e risme di carta continuamente ordinate ad Amazon;

i ritmi della nostra nuova vita diabetica, fatta di biiip biip, punture e pranzi/cene da inventare in tempi da record (però da 4 giorni si dorme stupendamente.

Non più 22:00-10:00 come un mese fa ma fino alle 8:00 sempre ed già è un super traguardo);

i miei sicuri (vado di intuito evitando di pesarmi per non demoralizzarmi) 10 Kg in più e il bicchiere sempre pieno (ormai non più solo metaforicamente grazie alla mia visione positiva della vita);

Le continue videocall che mi colgono struccata, decomposta, impreparata e che, per dirla tutta, spesso non mi colgono proprio avendo whatsapp silenziato da anni.

Il fatto che il destino mi abbia punita facendoci trasferire in un bunker schermatissimo dove il cellulare non prende e funziona solo (anche se non sempre) chiamarsi con Wa (ma l’ho silenziato quindi è come non averlo).
Ciò significa che si può parlare stando in casa solo da un angolino della sala tra il muro e la finestra, con il braccio possibilmente orientato verso la strada.
Anche per parlare al telefono, quindi, ci servono i turni.
Quindi via di gran messaggi vocali perché anche una telefonata, ora come ora, diventa un incubo.

Il fatto che, per fortuna, io abbia ancora da lavorare ma, tra spesa da fare in modo non proprio agevole, pranzi e cene da preparare nemmeno fossimo 18 in famiglia, Pc monopolizzato 8 h su 10 dalla scuola, casa che, chi se lo sarebbe mai immaginato, non si auto pulisce, non ci riesca proprio.

Una palestra (inutilmente) acquistata per la quarantena che alla fine della fiera è servita più alle ragazze e a Gigi per appoggiarci su i vestiti (vestiti…. “la camicia da call” subito sostituita dalla solita tshirt a telefonate concluse). Vorrei usarla ma tra le 23 e le 8:00 alla fine preferisco dormire.

Il fatto che quando riapriranno le gabbie sarà ormai estate, non mi entrerà nulla e dovrò girare comunque con la tuta dei RIS vergognandomi di essere più larga che alta.

Ho finito le lamentele ma non mi dite che vi annoiate perché, giuro, io sono più sclerata di prima.

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