Leopoldo López dal carcere di Ramo Verde racconta il suo primo mese di prigionia

di Francesca

È già trascorso un mese da quando Leopoldo López, leader del partito politico Voluntad Popular, è diventato un prigioniero politico e si trova recluso in una cella di isolamento nel carcere di Ramo Verde, per puro capriccio del dittatore che il Venezuela si ritrova al governo.

Sua moglie Lilian Tintori, tramite Twitter, ci dice che Leopoldo ha barba e capelli lunghi.

Anche questa intervista, realizzata da El Universal, si è svolta tramite un questionario, al quale López ha risposto con carta e penna.

Certo non è come rispondere in tempo reale ad un’intervista verbale, faccia a faccia ed in libertà.
López, infatti, ha potuto farlo durante la sua prigionia, soppesando le proprie risposte, in una condizione decisamente alterata.
I fogli che López ha restituito al giornale, racconta il giornalista, arrivano da un Leopoldo López conciso e riflessivo, ma determinato e tenace come quando scendeva in strada a protestare e a guidare il suo popolo.

1 – Come trascorri il tuo tempo considerato che ti trovi costretto ad una prigionia in isolamento?
In carcere ho imparato a non ammazzare il tempo, ma a sfruttarlo. Ho deciso di trasformare questa prigionia in un’opportunità. Sto sviluppando una routine quotidiana che ha inizio alle 6:00 del mattino con la lettura de La Palabra del Día. Poi mi tengo in esercizio fino alle 8:00, faccio colazione e mi dedico a letture storiche. Nel pomeriggio scrivo un po’ e dedico del tempo a letture economiche mettendo l’accento sul tema del petrolio o alla letteratura.
Prima di cena leggo di nuovo i periodici che mi arrivano. Cerco di essere molto disciplinato perchè sono consapevole che il principale terreno della mia lotta, fin tanto che resterò in carcere, sono e saranno la mia mente e il mio spirito.

2- Sei riuscito a trovare qualcosa di positivo nella tua condizione di prigioniero?
Durante i primi giorni di prigione ho ricevuto una lettera di Iván Simonovis, il quale, per via dell’isolamento a cui sono stato sottomesso, non sono ancora riuscito a vedere, nonostante le nostre celle siano separate da appena 9 metri.

In questa lettera Iván scriveva: “I giorni sono lunghi, i minuti sono ore ed è qui che devi ricorrere all’autodisciplina.
Resta sempre a testa alta. In prigione il coraggio si costruisce giorno dopo giorno”.
Ispirandomi a queste parole sto diventando sempre più forte e sto imparando ad essere autodisciplinato.

3 -Puoi tenerti informato? Sai cosa accade nelle strade? Leggi i giornali, guardi la televisione, ascolti la radio o hai accesso a internet?
Posso leggere giornali, ogni giorno con meno pagine, e recentemente ho potuto avere una televisione,anche se quello che sul Venezuela viene trasmesso è propaganda politica e pura finzione.
Sono le limitazioni imposte dall’agonia della libertà d’espressione.

4 – Cosa ti manca di più del mondo esterno?
Stare con Lilian e i miei figli, Leopoldo e Manuela, a casa mia. Mi mancano anche i miei compagni di lotta, con i quali non ho potuto parlare per le limitazioni imposte sulle visite.

5- Il carcere ha cambiato la tua percezione della realtà?
Ora semplicemente conosco un’altra realtà:quella del detenuto.

6 – Non ti sarai sbagliato a pensare che la tua prigionia sarebbe stata breve perchè la protesta che hai incentivato ti avrebbe permesso di tornare libero velocemente?

Non ho calcolato i tempi. Ho fatto solo quello che ritenevo giusto fare mosso dalle mie convinzioni e dalla mia voglia di lottare per il Venezuela.
Sono qui perchè ho deciso io di esserlo.
Nonostante mi cercassero tutti i corpi di sicurezza non sono stato catturato e non mi avrebbero trovato. Sono io che mi sono presentato volontariamente, nonostante fossi stato accusato di delitti non commessi.
Se non lo avessi fatto avrei avuto solo altre due possibilità: l’esilio o la clandestinità, ma entrambe sarebbero state la mia vera prigione.

7 – Non temi che la tua prigione possa essere molto più lunga di quanto avevi immaginato?
Sono preparato fisicamente, mentalmente e spiritualmente per prendere tempo. Nella solitudine della mia cella la mia migliore compagnia è l’innocenza.

8 – Il tuo aver chiamato la gente a scendere in strada a protestare non è stato un errore di calcolo?
Tutto il contrario. Forse avremmo dovuto farlo prima. La risposta di centinaia di migliaia di venezuelani nelle strade, oltretutto da più di un mese (e sono certo andranno avanti), ci ha dato ragione.
C’è un popolo indignato a cui non rimane altro da fare. Il regime ha chiuso ogni altra porta. Chi pensa o pensava che il regime cada o sarebbe caduto per la sola situazione economica si sbaglia. Riflettiamoci nella situazione cubana:
quanto avremmo aspettato?50 anni? Ne sono già trascorsi 15.

9- Maduro ti accusa di essere la mente di un colpo di stato fallito. Cosa gli rispondi in merito?
Il colpo alla democrazia, il benestare e la sicurezza dei venezuelani l’ha dato e continua a darlo Maduro. Questo è il vero colpo continuativo che stiamo vivendo.
Mi assumo le mie responsabilità per aver chiamato la gente in strada e a protestare in forma pacifica. Ma se tornassi indietro lo rifarei.

10- Considerando le conseguenze di questo lungo mese di proteste, ne è valsa la pena per la cifra di morti, feriti, detenuti e torturati?
I morti, i feriti, i torturati e i prigionieri non si giustificano mai. Mi dispiace moltissimo per il sacrificio del nostro popolo, di tutti coloro che hanno sofferto, i civili e i militari. Ma non dimentichiamoci che le principali responsabilità le ha Maduro. Lo mostrano le foto, i video e i racconti dei testimoni.

11- Non era necessario, come sostiene Henrique Capriles, costituire prima una maggioranza e concentrare la strategia in problematiche reali prima di iniziare le proteste chiedendo a Maduro di andarsene?
Noi che vogliamo un cambiamento siamo la maggioranza. Lo abbiamo dimostrato lo scorso 14 di aprile ed è stato proprio Henrique a denunciare la frode elettorale commessa quando ha detto (e noi tutti lo abbiamo appoggiato) che gli avevano rubato le elezioni. Continua ad esistere la nostra proposta de La Salida, con la quale non vogliamo altro che trovare una soluzione costituzionale, popolare e democratica di fronte al disastro che ci ha dato Maduro.
Sopratutto oggi siamo obbligati a costruire una strada che ci tiri fuori da tutto questo, come è stato riconosciuto da ogni settore democratico, incluso Henrique, a cui mando un abbraccio di forza per il Venezuela.

12 – Il Governo ha convocato un dialogo al quale hanno risposto alcuni settori, specialmente quelli delle imprese.

Credo in un dialogo che ci permetta di trovare una via d’uscita. Non credo però nel dialogo teatrale,che solo serva da facciata per dare credibilità, tempo e stabilità al regime corrotto ed antidemocratico di Maduro.

13 – Si è sentito sostenuto dalla MUD in tali circostanze?
Sì, ho sentito e sento sostegno da parte della MUD verso tutti i prigionieri politici. Questo sarà per loro un punto imprescindibile da discutere e dibattere con il Governo.

14 – Fino a che punto sono modelli da seguire Rómulo Betancourt, Rafael Caldera e Jóvito Villalba e i tanti altri che sono andati oltre le loro differenze politiche per riuscire ad ottenere un’unità mossa dalla stessa volontà di ottenere uno stabile sistema democratico?
Senza dubbio sono esempi da seguire.
Sono un amante della storia e credo che il periodo che maggiormente ricorda quello attuale sia stato quello tra il 1952 ed il 1958. Dalla frode elettorale del 1952, che ha smascherato la dittatura di Pérez Jiménez, fino allo smantellamento della sua dittatura.
Ci furono anche allora molti eroi che, esattamente come accade oggi, soffrirono torture, persecuzioni,arresti ed esilio, ma con la loro perseveranza e fermezza conquistarono e riuscirono a realizzare il sogno di un Venezuela libero e democratico. Colgo l’occasione per mandare un saluto agli eroi che continuano a lottare, ai famigliari delle vittime e ai miei fratelli Carlos Vecchio e Antonio Rivero, che sono ancora clandestini perseguitati dal regime. 

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