Maria Corina Machado nell’occhio del ciclone

di Francesca

Intervista a Maria Corina Machado, dirigente di Opposizione

L’OBIETTIVO È ANNIENTARMI
Di Roberto Giusti (Diario El Universal)
Tradotto da Odilia Quattrini

Maria Corina Machado non concepisce altra soluzione se non quella di presentarsi davanti alla Procura Generale della Repubblica, per dichiarare, in qualità di testimone, in merito al presunto complotto per assassinare il presidente Maduro.

Lo fa in mezzo all’incertezza, perché la sua eventuale detenzione è un fatto accennato come possibilità dallo stesso ufficialismo, dopo alcuni giorni complicati durante i quali, segnala, le sono piovuti insulti e minacce, addirittura di morte: “La cosa più difficile di questa situazione è spiegarla ai miei figli, i quali, di fronte all’offensiva totale, hanno sopportato stoicamente offese alla famiglia, includendo minacce dirette alle loro vite e alla mia. Ma mi presenterò per le generazioni di venezuelani che nasceranno e cresceranno in un paese dove avranno l’opportunità di fare realtà i loro sogni. Questo sta accadendo per la lotta che abbiamo liberato e nella quale continueremo fino alla vittoria.”

CHE COSA PROVI QUANDO IL CHAVISMO SOSTIENE CHE “UNA CELLA TI ASPETTA NELL’INOF” (Istituto Nazionale di Orientamento Femminile)?

Quella è un’ammissione di quello che sono e del terrore che provano davanti al popolo venezuelano, organizzato e disposto a lottare per la sua libertà. Possono anche arrestarmi, ma non potranno arrestare la determinazione del popolo venezuelano di vivere in libertà.

DUE MESI FA TI AVEVO CHIESTO SE TI SARESTI LASCIATA CACCIARE COME UNA CONIGLIETTA; E QUANDO IMPIEGAVO QUEL TERMINE (CONIGLIETTA) MI RIFERIVO AL CANDORE DI CADERE IN UNA TRAPPOLA ANNUNCIATA. ORA TI RIFACCIO LA MEDESIMA DOMANDA. LO SAI VERO CHE DOMANI, LUNEDI’ 16 GIUGNO, POTRANNO ARRESTARTI DOPO CHE TI SARAI PRESENTATA DAVANTI ALLA PROCURA?

È da molti anni che sto allertando il paese sulla gravità del sistema politico e l’urgenza di provocare un cambiamento.
Per questo non c’è ingenuità nelle mie decisioni.
Sono conscia che in Venezuela si è stabilita una dittatura e coloro che stanno al potere hanno una vocazione militare-militarista. Ti dirò di più, con vincoli internazionali terribili che hanno dissanguato il nostro paese e hanno consegnato la nostra sovranità a Cuba. Quindi ho molto in chiaro chi stiamo affrontando. Coscienti che in Venezuela non c’è giustizia, abbiamo la responsabilità di difendere la verità e di chiamare le cose con il proprio nome.

HAI ANCHE LA RESPONSABILITÀ DI DIFENDERE LA TUA LIBERTÀ PERCHÉ PRIGIONIERA, NON POTRAI FARE NIENTE PER QUEL CAMBIAMENTO URGENTE CHE, DICI, RICHIEDE IL PAESE.

La lotta per la mia libertà, per la tua, per quella di tutti i venezuelani, è per fare sì che tu possa dire la verità e possa compiere con il tuo lavoro; è per fare sì che tutti i venezuelani, quando escono nelle strade, possano esprimere il loro malcontento davanti ad una profonda crisi, che ogni giorno si accelera sempre di più.
Nel mio caso c’è stato accanimento per farmi tacere.
Non soltanto mi hanno fratturato le ossa del viso in piena Assemblea, ma mi hanno dato un fracasso di botte, mi hanno cacciata fuori con la forza, mi hanno spogliata dell’immunità parlamentare e ora pretendono annientarmi moralmente e fisicamente.

E TU PERMETTERAI CHE LO FACCIANO?

Io continuo. Non credi che quando mi hanno accusata di terrorismo non avessero intenzioni di zittirmi o di farmi scappare?
Quella segnalazione si è prodotta per aver denunciato, insieme ad altri parlamentari e sindacalisti, la responsabilità diretta del gruppo manageriale di PDVSA e di Rafael Ramìrez, nella tragedia di Amuay. Mi hanno anche accusata di tradimento alla patria per avere denunciato la violazione dei Diritti Umani davanti alla OEA (Organizzazione di Stati Americani). Ora mi fanno responsabile della cosa più mostruosa e falsa che ci si possa immaginare: l’assassinio del signor Maduro.

DEL TENTATIVO DI ASSASSINIO.

Sì però a me hanno dato dell’assassina. Da Miraflores. Diosdado Cabello ha avvertito, inoltre, che se qualcosa succedesse al signor Maduro, sarei io a pagare. È una condanna ed io sono stata condannata utilizzando tutta la forza dello Stato: corpi di sicurezza, poteri pubblici e apparato di comunicazione. Pretendono piegare tutti quelli che chiamiamo le cose con il suo nome.
In Venezuela c’è una dittatura, ma noi cittadini abbiamo la forza per raggiungere la transizione verso la democrazia.
Non c’è tempo da perdere.

TU TI COSTITUISCI COME…

Io non mi costituisco.

COME CHIAMARE ALLORA LA TUA APPARIZIONE DAVANTI ALLA PROCURA, CONSIDERANDO LA POSSIBILITÀ CHE TI ARRESTINO?

Come una evidenza del fatto che sono assolutamente innocente e che la mia forza sorge dalla verità e dalla fiducia nel popolo venezuelano e in coloro che stanno lottando nelle strade, nonostante la più brutale repressione della nostra storia.

CREDI CHE QUELLO CHE SUCCEDERÀ IN PROCURA POSSA GENERARE UNA REAZIONE IN COLORO CHE TI APPOGGIANO?

Credo che mettendo la faccia e difendendo la verità, faremo un altro passo in avanti nella nostra determinazione di raggiungere una transizione verso la democrazia.

IN UN DOCUMENTO, RESO PUBBLICO NEI QUOTIDIANI SCRITTI, SI ACCENNA FRA ALTRE ASPIRAZIONI, ALLA CELEBRAZIONE DI ELEZIONI E ALLA RINUNCIA DEL PRESIDENTE. UN GOVERNO E/O UN PRESIDENTE DEMOCRATICI POTREBBERO ACCETTARE I RECLAMI, MA CREDI CHE UN REGIME CHE VOI QUALIFICATE COME DITTATURA SI SOTTOPORRÀ AL DESIDERIO ESPRESSO DA UN GRUPPO DI PERSONALITÀ?

Quella è l’espressione dei leader di tutto il paese, che rispondono al clamore dell’immensa maggioranza popolare.
La crisi si aggrava ad ogni minuto e non è soltanto economica, sociale e istituzionale.
Il peggio è la decomposizione morale. Per questo non possiamo aspettare. Milioni di venezuelani riconoscono di trovarsi davanti a una dittatura, altri pensano che stiamo andando verso quella direzione, ma tutti siamo coscienti che questo è il regime più corrotto e incapace e repressivo che possa essere mai esistito.

Allora, possiamo rimanere a braccia conserte? Dobbiamo continuare ad aspettare? Non abbiamo già aspettato abbastanza?
Può aspettare una madre a chi hanno ucciso suo figlio sulla porta di casa, senza che si faccia giustizia?
Possiamo chiedere di aspettare a un impiegato pubblico il cui stipendio si è convertito in sale e acqua?
Chi altro può aspettare? I giornalisti, animatori e umoristi che si stanno guardando nello specchio di Chataing (giornalista satirico censurato pochi giorni fa)? Aspettiamo il momento in cui non rimanga un solo spazio alla dissidenza? Questi mesi hanno dimostrato come il Venezuela possiede la coscienza su quello che stiamo affrontando e la necessità di un cambiamento. Con questo, non soltanto si è riuscito a spogliare il regime, ma a dimostrare che questo ha perso la strada (il consenso del popolo).

A UN COSTO IN VITE MOLTO ALTO.

Il costo è brutale e non si può misurare in numeri.

MA, NE È VALSA LA PENA?

Non potrai dire mai che qualsiasi riuscita politica, sia giustificata da una vita persa. Ma i colpevoli delle morti, delle torture e del dolore, sono la violenza e la repressione del regime.

Allora il valore più importante, magari non evidente per tutti, è il sorgere di tanti leader e di centinaia di organizzazioni in tutto il paese. Una struttura sociale di base, a livello nazionale formata da gente cosciente della necessità di un cambiamento profondo. La sfida è come articolare tutte quelle iniziative, dal basso verso l’alto, in una strategia politica comune che ci porti alla transizione il più presto possibile.

QUELLA STRATEGIA CHE SEGUE LA LINEA DE “LA SALIDA” (L’Uscita), NON IMPLICA ALTRI SCONTRI, RADICALIZZAZIONI E MORTI?

No, se l’uscita è la rinuncia. Così lo abbiamo descritto in un meccanismo di vari passi che, finalmente, culmini con un comizio elettorale. E questo è così perché molta gente si chiede: “E se rinuncia, che cosa succederà?” Ebbene, avverranno elezioni che devono svolgersi in modi molto diversi a quelli che sono stati applicati fino ad ora. Ma quella proposta ci porta al ricatto inaccettabile secondo il quale, se scendiamo in strada a pretendere libertà, stiamo provocando una guerra civile.
Allora, l’opzione è la sottomissione?

LA SOTTOMISSIONE O LA GUERRA CIVILE.

Nè sottomissione nè guerra civile. La strada è l’articolazione di tutta una forza cittadina per pretendere la transizione applicando le norme costituzionali. Da lì la creazione di un gran movimento nazionale per esigere la rinuncia di Maduro. In tal senso è già stato fatto il pronunciamento dell’Università di Carabobo. Ma questo prenderà forza se si aggiungono, come sta succedendo, sindacati, assemblee di cittadini, movimenti studenteschi, associazioni. Dentro dello stesso ufficialismo, c’è gente che dice chiaramente: “non è così” e da lì iniziano ad alzarsi voci che chiedono la rinuncia del signor Maduro.

PROPONI UN GRAN MOVIMENTO UNITARIO NAZIONALE CHE SI OCCUPEREBBE DI DARE CONCRETEZZA ALLE PROPOSTE CONTENUTE…

In un congresso.

MA IN QUEL DOCUMENTO NON APPAIONO FIRME COME QUELLA DI CAPRILES O LEDEZMA.

È fondamentale che tutti i partiti e dirigenti si uniscano.
Per questo accennavo alle cause: l’inflazione, la carestia il caos nella salute e nell’educazione, così come nell’infrastruttura. Questi squilibri non ubbidiscono in ogni caso, a un problema di inefficienza ma a un modello che, per sopravvivere, ha bisogno di un paese in rovina, diviso e terrorizzato. Da lì la necessità di articolare l’unità sulla base dell’inclusione, incorporando a Henrique Capriles, Leopoldo Lopez, Antonio Ledezma. 

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