Cosa succede in Venezuela

di Francesca

Il dolore che si prova quando si assiste ad un cambiamento devastante è difficile da raccontare. Quando ami con tutto il tuo cuore un luogo e la sua gente ed improvvisamente assisti inerme alla sua devastazione ti senti morire. Soffri, ti domandi perchè. Ti chiedi come un territorio tanto ricco di risorse naturali e dalla posizione geografica fortunata possa essere finito in ginocchio per mano dei suoi propri figli. Per mano di chi afferma di amare e voler proteggere la propria terra. Il mio dolore è lo stesso di ogni altro venezuelano.

Di chi è rimasto lì per impossibilità o determinazione ed assiste allo scempio quotidiano e di chi, come me, vive un’altra vita a molti km di distanza, pur avendo conservato un sentimento vero e forte ed un incancellabile “orgullo venezolano” nel petto.

Noi tutti stiamo assistendo impotenti e sconvolti ad uno spettacolo desolante e spaventoso! E, come al solito, le notizie in circolazione sono scarse ed inesatte, censurate e filtrate. Non è certo una novitá che i media siano sempre stati manipolati ed ostacolati dal Governo, non si sta verificando nulla di nuovo considerato che la veritá sugli accadimenti del paese a noi è arrivata sempre con il contagocce. Ma prima che Chavez morisse, almeno, una sorta di finestra informativa sul paese sopravviveva.

È vero, il 70% di informazioni arrivavano da chavisti tramite la penna di intellettuali innamorati del mito dell’eroe latino di sinistra e quindi molto romanzate e spesso inesatte. Ma almeno, nel bene e nel male, Chavez ha fatto parlare del Venezuela. Oggi sembra che il mondo aspetti che si verifichi la “vera” tragedia prima di poter dire qualcosa. Non fa notizia che Maduro abbia aperto il fuoco su un corteo studentesco pacifista che manifestava per i diritti umani.

Non sembra essere rilevante il fatto che tantissimi giovani siano scesi in piazza per dare ai propri figli un paese migliore e che alcuni di loro, poco più che ventenni, siano stati uccisi; che al momento il Governo ne detenga più di 80 e che molti di loro siano stati torturati.

Non merita menzione il fatto che il Venezuela sia in guerra o che comunque poco ci manchi. Non è abbastanza che non si trovi latte per bambini nei supermercati, nè che non ci si possa ammalare per la totale mancanza di medicine.

No.

Tutto questo evidentemente non è sufficiente perchè si racconti al mondo cosa sta vivendo il popolo venezuelano. Proprio noi che siamo stati uno dei paesi migliori e più ricchi del Sud America oggi figuriamo tristemente ed internazionalmente nella lista dei paesi più ad alto rischio per i turisti, quasi come come la Palestina, l’Iran o l’Irak. I venezuelani non possono informarsi sugli avvenimenti che si stanno verificando nel resto della loro terra. Quasi tutti i notiziari ed i siti web a noi visibili, infatti, in Venezuela risultano al momento censurati. Anche di fronte all’evidenza, agli ospedali pieni zeppi di gente e a centinaia di fotografie di persone ferite e ricoperte di sangue, Maduro ed i suoi ministri continuano a smentire. Continuano a prendere in giro il loro popolo, impedendo alla veritá di diffondersi, negando di fronte all’evidenza.

Le notizie arrivano solo a chi ha amici o parenti nel paese e che tramite mail, telefonate e messaggi riesce a conoscere la reale situazione attuale.

Chavez avrá anche stretto la breccia tra ricchi e poveri, ma non ha saputo gestire le cose, peggiorando la situazione, lasciando che la delinquenza crescesse a dismisura e dimenticando la propria terra natìa per Cuba. Relativamente all’illimitata generositá mostrata da Chavez verso Cuba ed il suo leader, sembra perfetta questa citazione del giornalista, scrittore ed ex Presidente venezuelano Rómulo Betancourt:

“Dígale a Fidel Castro que cuando Venezuela necesitó libertadores no los importó, los parió.”
(“Dite a Fidel Castro che quando il Venezuela ha avuto bisogno di eroi che la liberassero li ha creati, non importati”).

Ma se Chavez, seppur nella sua megalomania, ha mostrato, almeno all’inizio, un pizzico di carisma e credibilità, Maduro è stato sin dal primo istante e per tutti un “presidente illegittimo”, senza arte nè parte. In ogni angolo del Venezuela oggi non si trovano beni di prima necessitá e quando si ha la grande fortuna di trovare una confezione di latte in polvere o un pacchetto di farina, finisce in rissa tra chi cerca di acaparrarseli. Si va ogni giorno a fare la spesa e ogni giorno si compra in modo compulsivo ciò che si trova, non sia mai che possa tornare utile quando non ci sará più nulla.

La moglie di un mio caro amico pochi giorni fa è salita in macchina e si è fatta 120 km di auto per trovare due detersivi per piatti. E questo non si è verificato in un villaggio indigeno sul Delta dell’orinoco, ma in una cittá grande ed importante come Valencia. Mi viene un brivido lungo la schiena se penso che più di 60 anni fa anche mia nonna doveva percorrere più di un’ora di strada in auto da Macuto per fare la spesa ogni mattina. La differenza angosciante è che allora mancava solo chi mostrasse l’intraprendenza e la volontà necessarie allo sviluppo del paese.

Non risorse.

E soprattutto, sono passati più di 60 anni da allora. La situazione attuale è realmente allarmante. È solo questione di giorni e poi verosimilmente non si troverà più nulla. Le panetterie chiudono in continuazione perchè ormai non esiste più farina nel paese.

La Toyota, marchio della quasi totalitá di auto circolanti in Venezuela, ha annunciato la chiusura delle sue sedi locali e l’abbandono del Venezuela perchè mancano pezzi di ricambio per poter proseguire nella produzione, oltre alle condizioni per andare avanti.

Non si vendono più biglietti aerei.
Le persone si sentono sequestrate e per avere un biglietto la sola cosa che puoi fare è acquistare il volo in un altro paese in valuta forte. Tutte le linee aeree rimaste vogliono lasciare definitivamente il paese perche’ non incassano. Ogni testata giornalistica sta chiudendo. Non c’è più carta per stampare giornali e troppe limitazioni sulla libertà d’espressione. I bancali di farmacie, supermercati e negozi, che fino a pochi anni fa offrivano una varietà infinita di prodotti di ultima generazione e spesso importati dagli Stati Uniti sono vuoti. Una visione deprimente, guardate voi stessi nelle foto che allego.

Pare che quando sia stato chiesto a Maduro di esprimersi relativamente a questa carestia, egli abbia risposto: “que coman meno!” (“Che mangino meno!”), ricordando inevitabilmente con questo brillante consiglio il “S’ils n’ont pas de painils mangent de la brioche!”, tradizionalmente attribuito a Maria Antonietta.

Nelle ultime settimane gli studenti venezuelani erano stati invitati a scendere in piazza pacificamente per protestare sui diritti umani contro la repressione di Nicolás Maduro, in occasione del Día de la Juventud (il Giorno della Gioventù), che si celebra ogni 12 febbraio.

E così è stato.

Mercoledì scorso, infatti, intorno alle 10:00 del mattino, decine di migliaia di manifestanti hanno riempito le principali strade e piazze di Caracas e di altre città del Venezuela.

I principali leader dell’opposizione, fra i quali l’ex candidato presidenziale Henrique Capriles, hanno raggiunto la folla di studenti che si era concentrata in Plaza Venezuela per dare inizio alla manifestazione.

Ovviamente non sono mancati all’appello, dopo aver loro per primi invitato i venezuelani a manifestare e protestare, Leopoldo López, responsabile nazionale di Voluntad Popular e la deputata María Corina Machado, coordinatrice del Movimento Vente Venezuela.

López, considerato uno dei fautori della protesta, ha sottolineato più volte l’importanza di lottare insieme per uscire dal baratro in cui è precipitato il paese.

Anche per questo ha ricevuto un ordine di cattura da Maduro, come mandante delle violenze dello scorso 12 febbraio e come potenziale promotore di un colpo di stato.

Così, mentre Maduro in pieno “Chavez’s Style” si perdeva in monologhi inutili in tv dichiarando che i giovani venezuelani avrebbero celebrato la loro giornata in pace e che qualsiasi rivolta sarebbe stata stroncata sul nascere con tanto di arresto, molti studenti scesi in piazza a mani nude e con intenti del tutto pacifisti, sono stati feriti e sei ragazzi sono stati uccisi da una pioggia di proiettili.

Eppure non chiedevano altro che pace, progresso e sicurezza per il loro paese e la libertá di esprimersi e poter manifestare civilmente.

Il fatto che si stiano verificando disordini e rivolte simultaneamente in tutto il paese, unito al silenzio delle reti televisive, rende complicato anche ai media di comunicazione web far circolare le informazioni e la cosa comporta che occorra più tempo per verificare ogni notizia.

Da un paio di giorni, per esempio, circola la fotografia di diversi ragazzi legati in ginocchio contro una parete.

Non è stato ancora possibile identificare il luogo, ma una serie di video e fotografie avrebbero confermato che quei giovani inginocchiati sarebbero alcuni degli studenti arrestati durante la manifestazione di mercoledì scorso, ora prigionieri nella Guantánamo di Nicolás Maduro.

Intanto però, il ministro Elías Jaua nega tutto, dicendo che si è trattato di una messinscena per screditare internazionalmente l’immagine del Venezuela e che le violenze non sarebbero state fomentate dal Governo.

Il politico avrebbe anche negato il ricorso alle armi nella repressione alle varie manifestazioni.

Lo ha fatto anche mentre il giornalista che lo intervistava lo guardava basito, mostrandogli dozzine di fotografie scattate il 12 di febbraio, raffiguranti attimi molto cruenti e corpi ricoperti di sangue riversi al suolo.

Chissá cosa dirá di quei carrarmati che girano per le cittá!

Intanto i nostri valorosi studenti non smettono di lottare ma, comprensibilmente spaventati, si rivolgono anche all’OEA, principale forum per la soluzione di problematiche politiche in territorio americano, con lo scopo di mantenere la pace e sostenere i diritti umani.

I venezuelani sembrerebbero essersi davvero stancati, la situazione attuale e le violenze del 12 febbraio pare abbiano svegliato concretamente il popolo, che non vuole diventare una colonia cubana e che finalmente scende in strada a protestare.

Intanto Capriles chiede al governo che almeno non vengano censurate le notizie ed è davvero fondamentale che il mondo intero sappia cosa sta succedendo.

Non sappiamo come andrá a finire, ma è chiaro che il popolo debba alzare la voce e farsi valere.

Se non lo fará diventeremo presto una seconda Cuba.

Se non ci si impone, se non si lotta, se non si smette di subire le angherie del Governo finiremo sempre peggio.

Che cosa triste, per chi in Venezuela ci vive, dover chiedere ad amici e parenti in visita dall’Europa di mettere in valigia carta igienica, fazzoletti di carta, pane, dentifricio, deodorante, ecc.

Arriverá il momento in cui ci si ucciderá per un pezzo di pane ed un pò di cibo.
O magari arriverá il giorno in cui pur avendo denaro non ci sará nulla da poter acquistare.

E pensare che nemmeno 20 anni fa era uno dei luoghi più ricchi al mondo!

Chiunque di noi venga a conoscenza dei fatti che si stanno verificando, ha il dovere di diffondere la veritá.

Ed è per questo che, anche se mi sto sentendo così inutile per il mio meraviglioso paese, comoda e tranquilla a molti km dalla lotta intrapresa dal nostro popolo, nel mio piccolo farò di tutto per raccontare quello che riuscirò a sapere ogni giorno, grazie alle informazioni che mia madre ed i miei amici mi faranno avere.

¡Que viva Venezuela!

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